Le legioni della pace sono in piazza

29.12.2022

di Egidio Cappello

È un annuncio che dobbiamo gridare: le legioni della pace sono in piazza. I legionari della pace sono usciti dai propri nascondigli, dalle proprie solitudini e sono scesi in piazza. A chi non li identifica li additiamo. Sono gli oppositori, gli obiettori, gli autori della contraddizione, sono coloro che pensano e leggono le cose con gli occhi del bene, sono coloro che parlano il linguaggio della vita, il linguaggio della bellezza e della verità, sono coloro che vogliono il dialogo e il confronto a fondamento della relazione umana. 

Sono in piazza a testimoniare la propria devozione alla pace, alla pace che cresce nella coscienza della gente, e si vede nella quotidianità delle esperienze umane, nelle famiglie, nelle scuole, negli ospedali, nei luoghi dove si decide il corso della storia, nei crocicchi delle strade. Come un fiume in piena, la pace ha accolto in sé le trame della vita e ha preso altri nomi, come reciprocità, relazione, solidarietà, fratellanza, giustizia, ascolto, dialogo, accoglienza, integrazione. La pace è uscita dal vocabolario giuridico mondiale e si è collocata nel discorso quotidiano di chiunque. La pace domina ormai l'intero mondo interiore dell'uomo di oggi e costituisce l'archè di ogni atto della ragione. 

È la pace, la ricerca e l'affermazione della pace, a svuotare di senso ogni separazione e ogni distinzione tra cultura laica e cultura religiosa: la prima vive della tensione verso Dio e la seconda è ricca del vocabolario del realismo e dell'umanesimo di tutti tempi. La cultura, unica, unitaria, unificante e aggregante, è insieme cultura del presente, considerata la veemenza con la quale le problematiche storiche si impongono a chi guarda, a chi ascolta e riflette, è cultura del passato, visto il bisogno di attingere i segni della nostra identità storica e della nostra appartenenza, è cultura del futuro, aperta alla Trascendenza, desiderosa di infinito e di illimitatezza, bisognosa di contemplazione e di concretezza, alla continua ricerca di un mondo diverso, fatto di uguaglianza, di rispetto, di concordia, di giustizia, di pace, un mondo in cui umanità e divinità camminano e procedono insieme. 

La cultura trova oggi nel sogno della pace il proprio carattere distintivo. Il sogno dà tracce visibili di fattibilità e di realizzabilità. I discepoli della pace sono scesi in piazza e scrivono percorsi ben definiti. Gli studenti, le donne, i volontari, le organizzazioni umanitarie, le Chiese, e quanti si sentono offesi da congetture e da progetti che mortificano, in ogni modo possibile, la dignità e la bellezza della vita umana, sono uniti, in piazza e procedono coi propri slogan per maturare i propri sentimenti e le proprie convinzioni e risvegliare le coscienze di chi sonnecchia ed è indifferente. Registriamo la loro repulsione consapevole delle forme disumane del potere, della superbia e della prepotenza subdola, e la negazione di quanto oggi regge le logica della opposizione, la logica dei separatismi e della difesa armata delle proprie risorse e dei propri privilegi da parte di consorterie, di comunità e di popoli. 

La cultura è mirabilmente tornata al suo ruolo di laboratorio di unità e di incontro. L'arte, la filosofia, la scienza, la ricerca naturale, si dotano delle risorse per esprimere pienamente il valore della pace. Brillano i caratteri epocali degli eventi culturali dei nostri tempi, l'unione data dal riconoscimento unanime delle finalità e degli obiettivi della cultura, di ogni cultura, nonché la convergenza etica e sociale degli impegni da assumere verso l'alterità e la vita del creato. Vogliamo sottolineare ancora la vita della nuova cultura, la sua fuga dai nascondigli e la sua rumorosa apparizione nelle piazze e nei luoghi di aggregazione di tante parti del mondo. La pace è viva e vivificatrice, è capitolo della storia dell'intera umanità, capitolo che fa convergere i rivoli delle nazioni nel grande mare dell'umanità. Necessariamente la particolarità incontra e si fa universalità e questa si invera nella concretezza della vita reale. Non è più questione di optional ma è necessità storica. 

È straordinaria la trasformazione del linguaggio della cultura dei nostri giorni: sembrano superate le diversificazioni semantiche tra i codici delle discipline e dei saperi. Le categorie assumono lo stesso significato all'interno dei diversi settori culturali, come a recuperare l'unitario originario significato. Fattore che alimenta questo processo unificatorio è la relazione profonda nata dall'incontro delle diversità linguistiche creatrici, in passato, di divergenze e opposizioni di varia natura. Notiamo in particolare l'interazione tra il linguaggio della secolarizzazione con quello della Chiesa, incontro favorito dalle analisi dei tempi nuovi susseguiti ai lavori del Concilio Vaticano II. 

Viviamo un'era dalle grandi possibilità e dai profondi sviluppi nella nascita e nella realizzazione di una umanità nuova. Le legioni della pace sono scese in piazza: lo dimostra l'infinita produzione di libri e di saggi sul buon futuro della umanità. Non c'è libro, che io sappia, di qualsiasi estrazione culturale sia l'autore, di qualsiasi territorio o aspetto della vita civile sia scenario di riflessione, che non respiri il fascino di una vita ordinata e pacifica e non trasmetta principi e fondamenti di buona vita e di edificante futuro. Non c'è libro che non accolga il desiderio e il bisogno di novità e di cambiamenti atti ad assicurare senso e peso ai valori della unitarietà, della universalità e del rispetto della dignità umana. Significativa è la produzione tendente a fare memoria di personaggi immensi della storia umana, più o meno conosciuti, in modo particolare profeti di vita evangelica da S. Francesco di Assisi fino a Edith Stein, a Franz Jagerstatter, a Massimiano Kolbe e a quanti nella storia si sono ribellati al richiamo del male e hanno scelto di essere discepoli di Gesù. Il carattere straordinario e meraviglioso della cultura di oggi è l'essere divenuta cultura della pace. 

La cultura è pienamente spiritualità, ricca delle esperienze consumate nel corso dei due millenni dell'era cristiana. Non a caso le librerie e le biblioteche sono piene di opere di rivisitazione della vita dei Padri della Chiesa, dei promotori del Monachesimo, S. Benedetto, S. Domenico, S. Francesco, S. Celestino V, dei mistici del 500, Giovanni della Croce, Teresa d'Avila, dei Gesuiti, dei Carmelitani, dei Teatini, e di tanti, come i Pontefici di Roma dell'ottocento e del novecento che hanno scritto pagine stupende nel libro della pace e dell'armonia delle generazioni. L'uomo di cultura dei nostri giorni appartiene alla cultura dello spirito, che è cultura della competenza, della ragione libera, cultura della fine dell'ossequio incondizionato nei confronti di valori accettati senza il concorso della coscienza, cultura degli impegni da assumere per la creazione di un mondo nuovo. 

La grandezza della nostra cultura è il frutto della consapevolezza dell'importanza della cultura evangelica: il laico ha ormai interiorizzato l'idea che inginocchiarsi a Gesù significa rimanere in piedi, in piena sapienza e capacità di giudizio, e sporcarsi le mani a pulire le ferite dei sofferenti significa essere preziosi e santi protagonisti della storia umana. Gli apostoli della pace sono scesi in piazza. Sorridono e manifestano certezze di vittoria. Un mondo nuovo sarà costruito, il mondo della pace. La fiducia della venuta di questo mondo nuovo supera l'esperienza che l'umanità va facendo, attutisce il rumore dei missili che cadono e distruggono le case, copre il lamento degli anziani abbandonati, le reazioni dei giovani senza futuro, consola i bambini indifesi che soffrono le ferite inferte sul loro corpo da follie di adulti ormai chiusi nei recinti del male. C'è tanto coraggio negli apostoli della pace, c'è tanta fermezza e tanta determinazione a lottare per la pace nel mondo, rinunciando a situazioni di comodo e a privilegi di ogni sorta. Gli ambienti di guerra oggi sono tanti, disegnati con inaudita violenza dalle consorterie del potere che edificano il futuro sugli arsenali e sulla qualità delle armi. 

 Quello che viviamo è un mondo votato alla violenza perché costruito sulla logica delle armi, sulla bugia della utilità sociale delle opposizioni e delle guerre. Guardiamo quindi gli apostoli della pace, che sono in piazza. Ascoltiamo le loro parole che sono nuove nello spirito e nel significato. Accogliamo il grido della partecipazione e del rispondere insieme. E agli altri diamo le ragioni della nostra speranza e della nostra certezza. Ai dubbiosi diciamo che la pace è il sigillo della natura e della ragione umana. Chi predica il polemos contraddice pienamente la propria vita e cestina la propria ragione. Noi sappiamo e spieghiamo il mondo, le sue leggi, la sua bellezza, spieghiamo l'uomo, i suoi bisogni, le sue esigenze, spieghiamo la storia umana, leggiamo in essa le leggi che Dio ha scritto di suo pugno. Tutto è finalizzato alla gioia eterna. È inumano che l'umanità debba vivere situazioni angosciose e debba fare esperienza drammatica della morte di bambini per il gusto sadico di strani adulti. Occorre crescere con l'ottica dell'unità, della composizione, della pace e della gioia. Oltre non c'è che la barbarie.

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