Le mappature emozionali di Mariangela Calabrese

31.05.2021

di Rocco Zani

Riafferra memorie secolari Mariangela Calabrese. Fatte di pietre muschiate, di argini, di polvere e rivoli d'acqua che nel tempo hanno accompagnato lo sguardo delle genti. Lo hanno sedotto - lo sguardo - o fiaccato a seconda delle stagioni: degli oggetti e degli uomini. Indizi che emergono come apparenze, che si son fatti segni e disegni, cromie inusuali, costellazioni, rotte. Sembra raccogliere tutte queste particelle la Calabrese pittrice, come attratta dal "dire delle cose", da quell'anima ventosa che misura la sbucciatura del sasso o lo spigolo del riparo. Tracce diremmo, accumulate al pari delle parole trascorse, delle nenie e dei silenzi; assortimento occasionale di scoperte archiviate e poi, di volta in volta, restituite con inedita energia. Nasce allora una sorta di suggestione topografica fatta di innesti, di sbiadite asserzioni, di fantastici schemi cifrati, di grafie primitive. Le "mappature emozionali" di Mariangela Calabrese ci narrano di città nascoste, attraversate dal tempo, alterate, ma non per questo sparite. L'autrice ne ricostruisce il sentore - l'anima offuscata -, ripercorre l'essenza e i richiami di quella pietra e di quella polvere rielaborando una "scrittura di ascolto", di bagliori, di impronte, di planimetrie immaginifiche. Come se il tempo trascorso - quello remoto - indicasse un nuovo recapito o una più rigorosa destinazione: la poesia. Quella che Mariangela Calabrese sembra incidere, graffiare, evocare all'interno - e all'esterno - di ogni sua azione.

©Produzione riservata

Unisciti al nostro canale Telegram, resta in contatto con noi, clicca qui