L'orfanezza, desiderio dell'uomo di oggi

06.07.2021

di Egidio Cappello

L'uscita dalla pandemia è il compito pressante dei nostri giorni. È l'uscita da una condizione di sofferenza e di smarrimento. Ognuno prova a pensare realtà nuove e immagina percorsi di vita diversi, senza traumi e senza paure. La progettazione di un mondo nuovo ha creato sentimenti di repulsione verso il passato rivelatosi incapace e delirante. Nelle espressioni più forti c'è il desiderio di cominciare una vita da orfani di storia. Secondo Papa Francesco oggi tante persone lavorano alacremente per raggiungere una identità assoluta, sciolta da ogni legame con il mondo fisico e con il mondo sociale e culturale. Vogliono per sé stessi una strana identità, non più fatta di elementi di identificazione, di appartenenza e di inclusione, ma di elementi di diversificazione e di isolamento. Rinnegano le proprie radici culturali, filosofiche, artistiche e religiose, rifiutano il linguaggio comune e non valutano le proprie capacità comunicative. Si dichiarano orfani di Dio e provano a considerarsi inizio assoluto di un percorso destinato a finire con la propria morte corporale. 

Il desiderio di essere orfani è l'effetto più disastroso della crisi del mondo moderno, in quanto sanziona la distruzione dei rapporti fisici e spirituali tra gli uomini, quelli vicini e quelli lontani. L'orfano non aspira a tenere memoria, non avendo un passato a cui riferire i propri pensieri, e non è in attesa di un futuro. La sua mente è rivolta alla terra, al presente, all'hic et nunc, e non è tenuta a progettare secondo principi oggettivi di aggregazione o di nuova aggregazione. Ma oggi c'è qualcosa di nuovo, di terribilmente nuovo. L'aspirazione alla dispersione delle proprie origini e della propria storia, motivata in passato da concezioni ideologiche, è oggi alimentata e accresciuta da congiunture economiche e psicologiche come la povertà, la sfiducia e l'incertezza. E' significativo che vacilli il principio della intersoggettività e non si colga più il senso dell'appartenenza ad una medesima realtà umana e sociale. Non esiste oggi una istituzione di validazione della vita del singolo, che legittimi le azioni e le aspirazioni, e che dia valore ai pensieri di ciascuno. Il concetto di appartenenza è pressoché svuotato di significatività positiva: appartenere esprimerebbe la logica del recinto con la conseguente limitazione della libertà, esprimerebbe la subordinazione e l'addottrinamento. Da ciò la lotta contro lo spirito dell'appartenenza portata avanti con violenza da filosofie della particolarità e della temporalità, come l'empirismo, lo scetticismo, il positivismo e lo scientismo, che hanno assunto la difesa dell'assoluta libertà della conoscenza da fondamenti di natura metafisica. La lotta all'appartenenza si tramuta in lotta al bene comune. 

Così l'orfanezza assume il proprio più significativo volto: il rifiuto del bene comune. L'orfanezza distrugge la socialità, abbatte la fratellanza, nega il dialogo, e promuove ogni forma di emarginazione e di isolamento. L'orfanezza crea una voragine tra gli uomini e la realtà umana che li circonda. Gli uomini non appartengono più alla propria famiglia, non appartengono più alla propria società, non appartengono più alla storia della salvezza, non sono più di Dio. E' chiaro il rapporto che il Santo Padre stabilisce tra orfanezza, distruzione del senso di appartenenza e azzeramento del valore del bene comune. Tre aspetti che insieme mostrano il volto della psiche dell'uomo di oggi. Forte è quindi l'invito ad assumere ognuno la propria responsabilità di fronte alla rovina che sconvolge la società e l'animo umano. Il grido di Papa Francesco è pressante: "non siamo orfani", siamo figli, siamo fratelli, siamo eredi, siamo discendenti, siamo protagonisti di un cammino storico cominciato tanti secoli or sono. Il nostro presente, dice il Papa, ha senso in quanto contiene in sé il passato che è fatto di eventi, di scelte, di deliberazioni, di teorie, di codici, di libri sacri e proprio utilizzando tanto patrimonio culturale lo stesso presente è legittimato a costruire e preparare il futuro. Ai dubbiosi Papa Francesco suggerisce l'esperienza più facile, più diretta, più immediata della propria appartenenza alla comunità, esperienza incastonata nella logica del dono e della gratuità. Si tratta del rapporto che si ha con la figura della mamma, della propria mamma. 

Ogni narcisismo viene svuotato di senso quando il soggetto, nel considerare se stesso e nel rileggere la propria storia, incontra la figura della propria mamma. L'incontro gli è fondamentale non solo per la scoperta ma anche per il rafforzamento del senso di appartenenza alla storia umana. Nell'incontro con il modello di vita della mamma egli entra nella logica del dono e acquisisce i significati autentici di termini come dignità, nobiltà, giustizia, fratellanza, reciprocità, scambio, e guadagna il senso della vita come tensione continua verso il bene comune. Attraverso l'esperienza dell'incontro con la mamma, si aprono tutti i recinti della vita umana. Chi è chiuso a Dio vede lo spiraglio della luce e capisce il perché Dio ha dato una mamma ad ogni uomo, la propria mamma celeste. La considerazione della mamma è, dice Papa Francesco, l'antidoto alla orfanezza: la voragine che avvolge l'uomo non può essere colmata da altro.  

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