Manca il lavoro, i lavoratori o c’è altro?

23.06.2021

Il 35,9% delle persone in età lavorativa - quelle tra i 15 e i 64 anni - in Italia non fanno parte della forza lavoro. Ovvero non lavorano e non sono in cerca di un'occupazione. È questa la fotografia che emerge dall'ultimo report di Eurostat che registra come a partire dal 2020 questo trend sia aumentato. Nell'anno che ha visto scoppiare la pandemia da Coronavirus questa quota è aumentata dello 0,5% rispetto al 2019, passando dal 26,6% al 27,1%. Tuttavia, secondo l'indagine di Eurostat, sono diversi i motivi per cui le persone si trovano fuori dalla forza lavoro. Come ad esempio l'iscrizione a un corso di studi, oppure perché si prendono cura di un familiare, sono in pensione, oppure hanno malattia o disabilità. Il dato del 2020 vede una tendenza in rialzo sia per gli uomini che per le donne, dopo un calo nel 2019. Per gli uomini, l'aumento è stato di 0,7%. Mentre per le donne è stato registrato un +0,4%. Tra gli Stati membri è l'Italia il Paese con la percentuale più elevate di persone né occupate e né in cerca di lavoro.

Ma non sono soltanto queste le categorie di persone che non cercano un lavoro. Ci sono tanti, tantissimi che rifiutano il lavoro pur non avendo null'altro da fare!

Ed è ormai un coro unanime. Il macellaio del quartiere, il bar, l'impresa di manutenzione, il lido, il ristorante, la clinica... è un coro unanime di gestori che continuano a lamentare la difficoltà nel reperire manodopera... "Nessuno vuole più lavorare... è tutta colpa reddito di cittadinanza"... è diventato quasi un mantra ormai.

Ma è davvero così, o c'è dell'altro? È davvero solo colpa del reddito di cittadinanza?

"Se non trovi i camerieri è perché non li paghi abbastanza". Entra a gamba tesa nel dibattito sulla penuria del personale nel settore della ristorazione, Jacopo Ricci, chef e co-titolare del ristorante "Dopo Lavoro Ricreativo" a Frascati. "Io non ho avuto difficoltà a reperire le risorse - racconta -. Se offri un contratto con tutti i contributi, tredicesima e quattordicesima comprese, non avrai problemi a trovare gente che voglia lavorare per te". Non è colpa delle nuove generazioni 'sfaticate', insomma: "La pandemia ha fatto venire a galla un sistema malato da anni. Un giorno è venuta da noi una ragazza, si è proposta come cameriera. Le ho offerto un contratto, è rimasta a bocca aperta. È un cane che si morde la coda: l'imprenditore offre poco, il lavoratore accetta svalutandosi. Ma qualcosa sta cambiando: la gente oggi preferisce un sussidio statale a una forma di schiavismo moderna".

Sono introvabili 150mila tra camerieri, cuochi e barman, così come i bagnini e gli altri stagionali che lavorano nel turismo. Ma non c'è da stupirsi, secondo Jacopo Ricci. "Sembra che il mondo della ristorazione o, più in generale, il settore turistico abbia dimenticato una regola di base, ovvero che ad un tot di ore lavorate corrisponda un determinato salario. Siamo vittime della narrazione tossica del 'chi è bravo lavora tante ore', del cuoco eroe che si fa turni di 12 ore, del cameriere che lavora sette giorni su sette senza riposo. Gli stagionali, nelle spiagge, negli alberghi, fanno turni massacranti anche per 3-4 euro all'ora. Il surplus di lavoro è troppo spesso invisibile e non retribuito".

Ristorazione e accoglienza sono ambiti che registrano irregolarità superiori al 70 per cento. Ma c'è anche chi cerca di fare le cose "fatte bene", investendo sul personale. "Oggi in Italia c'è la retorica malata del 'veniamoci incontro', del 'siamo tutti sulla stessa barca', del 'chiudiamo un occhio', del 'ci vuole flessibilità', del "l'Azienda è di tutti". L'imprenditore non investe sul dipendente e il dipendente, da parte sua, tende a svalutarsi. La ragazza a cui ho offerto il contratto si aspettava di prendere 400 euro al mese perché era questa la media che le era stata offerta in altri ristoranti in cui aveva lavorato (senza contratto). Io le ho proposto una cifra onesta: da me si lavora sei ore al giorno per sei giorni alla settimana, non di più, sono molto rigido sul fatto che ognuno debba rispettare il proprio orario lavorativo, senza andare oltre. I dipendenti prendono tredicesima e quattordicesima e si dividono gli utili tra lo staff. Nulla di eccelso, credo semplicemente che sia opportuno offrire a chi fa questo lavoro la giusta ricompensa e le giuste tutele. Il problema è che quello che dovrebbe essere scontato viene accolto con sorpresa proprio perché non così comune".

Ma forse questa riflessione andrebbe estesa a livello di Governo. Finché il costo del lavoro sarà così elevato, - in Italia è tra i più alti dei paesi Ocse e in tempo di pandemia è addirittura aumentato - sarà difficile che i lavoratori possano vedersi riconoscere il giusto compenso per il proprio lavoro.

Nondimeno è vero che troppi marciano su questo... per troppi dare uno stipendio quivale a fare un favore. Mentre ne parliamo ci torna in mente la testimonianza di una giovane madre che dopo oltre venti anni di lavoro full-time vede ancora il suo stipendio stagnare sui mille euro al mese... e risuona alle nostre orecchie il suo deciso "Con due figli a carico, se restassi a casa prenderei quasi gli stessi soldi".

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