“Mia nonna d’Armenia”, di Anny Romand
di Francesca Iervolino
"Nel 2014, riordinando le cose di famiglia, Anny Romand scopre un quaderno di settanta pagine di cui non sapeva nulla. Scritto da sua nonna nel 1915 in armeno, francese e greco, racconta il viaggio di un gruppo di donne e bambini armeni sulle strade dell'Anatolia, verso il deserto e la morte. Nel libro vengono pubblicati alcuni estratti di quel quaderno, in parallelo con le conversazioni che l'autrice aveva con la nonna che l'ha cresciuta. Confrontando il ricordo di quelle conversazioni con le terribili descrizioni del quaderno, Anny Romand rivive l'infinito dolore degli Armeni, filtrato attraverso gli occhi di una bambina. L'innocenza di fronte all'orrore."
Anny Romand con il libro "Mia nonna D'Armenia"(La Lepre Edizioni)consegna ai lettori e alla storia non un romanzo inteso nel senso specifico del termine (con un inizio, una trama e una conclusione ben definiti) bensì un memoir essenziale fatto di ricordi, annotazioni, confessioni e riflessioni tra nonna e nipote. Tutto parte dal ritrovamento di un piccolo quaderno: nel 2014 la Romand, sistemando alcuni ricordi e cimeli di famiglia, scopre un piccolo volumetto di circa 70 pagine scritto in armeno, francese e greco da sua nonna e risalente al 1915 circa. In quelle pagine sbiadite dall'oblio del tempo si racconta di un viaggio straordinario compiuto da un gruppo di donne e bambini, una peregrinazione fatta di sangue e terra, dolore e disperazione, vuoto e incertezza lungo le strade dell'Anatolia, fino alle coste del Mar Nero. Tra nonna e nipote, fin dall'infanzia della Romand, si è stabilita una connessione d'anime, un connubio di affinità elettive; durante le lunghe chiacchierate nonna e nipote ripercorrono le vie dell'essenza: il matrimonio a 15 anni di Serpouhi, i figli, la morte prematura del marito e poi l'orrore, il massacro del genocidio degli Armeni, la fuga, la salvezza, una nuova vita in un paese straniero. Gli sguardi avidi di sapere della piccola Anny si intrecciano a quelli fiammeggianti di ricordi di sua nonna: ad ogni memoria viene restituito respiro e nuova linfa e, così, lacrime e sospiri si mescolano nel ripercorrere la tragica diaspora di un popolo vessato e perseguitato.
«Quando avevo otto anni mia nonna mi raccontava la sua storia, la storia tragica del massacro degli Armeni, avvenuto cinquant'anni prima. Ero la sola ad ascoltarla, affascinata e sconvolta. Mia madre era molto contrariata quando ci trovava in lacrime, una nelle braccia dell'altra: la farai impazzire, questa bambina!
L'impianto narrativo del libro consente di spaziare tra due linee temporali che procedono su due binari distinti: le memorie scritte nel piccolo quaderno dalla nonna e quelle tramandate ad Anny, mentre lo stile semplice e la divisone in capitoli brevi rende la lettura scorrevole e ritmica. "Mia nonna D'Armenia" potrebbe sembrare agli occhi di un lettore esigente un libro fin troppo scarno e frammentario, ma non è così: è un accorato e crudo memoir sulle sofferenze e miserie patite da Serpohui e dal popolo armeno, sulla distruzione di intere famiglie costrette addirittura ad affidare ad estranei i propri figli per evitare che morissero di stenti lungo la fuga nel deserto, come la stessa Serpouhi ha dovuto fare.
"ma a quanto pare anche Dio ci aveva maledetti"
Passato e presente si mescolano nelle confessioni delle due interlocutrici, in una sintonia che travalica il rapporto di nonna/nipote: Serphoui ed Anny, due generazioni a confronto, due donne detentrici di un'eredità pesante da portare, il fardello di un popolo e di una terra, l'Armenia, terra di dolore e fierezza. Le memorie di Serpouhi si chiudono, poi, con una toccante poesia scritta dalla stessa i cui ultimi versi ci danno la misura dell'immane tragedia vissuta dal popolo Armeno:
"Fra i cadaveri ci sono tante donne
Coi figli appesi al petto
Quasi aspettassero un tuo aiuto.
Se noi siamo colpevoli
Qual è la colpa di quegli innocenti?"
Il romanzo di Anny Romand è dunque un accorato
viaggio nella memoria storica dell'Armenia: l'autrice rende omaggio non solo al
coraggio di sua nonna, ma anche e soprattutto all'onore del popolo Armeno,
vessato e martoriato dagli uomini e dalla storia.
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