Molise, rotaie spezzate e politica a pastarelle
di Paolo Scarabeo
Quattro mesi. Centoventi giorni di stop. Da oggi, lunedì 22 settembre, fino al 19 gennaio 2026, il Molise torna a viaggiare… in corriera. Lavori di elettrificazione, dicono. Modernizzazione della linea, assicurano. Fatto sta che tra Isernia e Venafro i treni non passeranno: binari muti, pendolari in fila sotto la pioggia, studenti in pellegrinaggio sugli autobus sostitutivi.
Tradotto: Roma e Napoli diventano più lontane. Non esistono più collegamenti diretti, proprio nei mesi delle riaperture scolastiche e universitarie, nel pieno del periodo natalizio, quando il Molise – quello che ancora resiste – ha bisogno di muoversi, lavorare, respirare...e accogliere.
I treni? Cancellati, ritagliati, spezzettati. Isernia–Roma, stop a Cassino. Napoli–Isernia, taglio netto a Vairano. Il treno da Benevento, mutilato e trasformato in bus. Persino le fermate cambiano forma: a Isernia ci si raduna in piazza della Repubblica, a Vairano sulla Casilina, a Cassino lungo viale Bonomi. Una geografia surreale che non ha nulla di ferroviario: è archeologia della rassegnazione.
E mentre il Molise resta senza rotaie, la politica – quella che dovrebbe occuparsi delle ferite aperte di questo Paese – si dedica al cabaret televisivo e al pellegrinaggio folkloristico. Giorgia Meloni sorride da Mara Venier, a raccontare di "pastarelle", mentre Matteo Salvini si presenta a Pontida con un corteo di molisani a santificare Kirk, in un rito padano che ormai somiglia più a una sagra che a un congresso politico.
Così il Molise resta solo, ancora una volta. Campobasso è l'unico capoluogo d'Italia senza ferrovia dal 2020: un primato che fa ridere amaramente, soprattutto adesso che il resto della regione si ritrova amputato per 120 giorni. Un deserto di binari, un silenzio di stazioni.
In fondo, il Molise non fa rumore. Non ha megafoni né passerelle. Può attendere, può arrangiarsi, può salire sugli autobus sostitutivi. Tanto, tra una pastarella in tv e un palco a Pontida, la politica sembra avere altro a cui pensare.
