“Napùl”, di Marco Perillo
"Quindici racconti sulla Napoli d'oggi, una città-soglia filtrata dagli occhi e dalle vite di chi la abita; esistenze vulcaniche che possono far luce sul mondo contemporaneo, sulla nostra quotidianità ricca di conflitti, di paure e di contraddizioni. Ma anche di tanta speranza e di un pizzico di sana ironia, perché in fondo la metropoli partenopea è la metafora del mondo che stiamo vivendo".
di Francesca Iervolino
La Napùl di Marco Perillo è una città ricca di contraddizioni, un cumulo tumultuoso di sentimenti profondi. E' più di una semplice città con i suoi abitanti: è un ricettacolo di vite, di esistenze diverse, di sogni e promesse infrante. E' luce ed ombra, bene e male al contempo. Nella narrazione di Perillo, Napoli assume contorni netti e precisi, non rimane sullo sfondo e non fa semplicemente da contorno alle storie narrate, rimanendo dietro le quinte: è essa stessa assoluta protagonista. Non si può raccontare lucidamente Napoli se non la si ama visceralmente, se non la si vive in tutte le sue molteplici e contraddittorie sfaccettature: i quindici racconti difatti, ciascuno in maniera diversa ma altrettanto intensa, analizzano e sviscerano la città nei suoi aspetti più intimi e nascosti, senza tuttavia mai giudicarla.
Protagonisti delle quindici storie non sono solo gli abitanti di Napoli, ma anche e soprattutto i quartieri dove i nostri eroi-antieroi vivono, amano e muoiono. E così ci ritroviamo a Bagnoli, a Posillipo, a Scampia, a Poggioreale o all'Arenella: questi quartieri/micro-città sono i contenitori di esistenze diverse, di drammi esistenziali tra il tragico e il grottesco, di vite votate interamente al lavoro ("Garibaldi") o ai codici di onore del clan a cui si appartiene ("Pallonetto"). E' una Napoli che pulsa, ribolle: spavalda e impavida rimane ancorata saldamente alle sue radici e alla quale, come a un Idra contemporaneo, vengono mozzate le teste che prontamente ricrescono. Ma Napùl è anche, e soprattutto, la dicotomia tra Napoli e il terrorismo islamico, così come ci suggerisce il titolo del libro (Napùl/Kabul). Già, perché Napoli nel giocoforza dei terrorismi islamici rappresenta una città strategica nel continente europeo, un lasciapassare fondamentale per l'Oriente: numerose le indagini che nel tempo hanno riscontrato connessioni a più livelli tra i clan di camorra e i terroristi islamici. Napùl è dunque una città cristallizzata nei suoi aspetti più nascosti e contraddittori: vive una guerra quotidiana che i suoi "soldati", nella maggior parte dei casi, combattono in sordina, senza bombe o clamore.
Il lettore, grazie alla incontrastata bravura di Perillo, riesce a farsi presenza nei vicoli soffocanti e nei quartieri "alveari", miseri bacini che raccolgono una varietà di esistenze. Non si percepisce, tuttavia, una Napoli demonizzata, anzi, pagina dopo pagina assistiamo alla sua "umanizzazione", in quanto riesce a mostrarsi al lettore semplicemente per quello che è: una città dalla doppia anima con tutti i suoi umori, un microcosmo variegato che raccoglie in sé sofferenze, brutture, speranze e desideri di coloro che la abitano. E Perillo è riuscito in questo miracolo, è stato abile narratore "nell'affondare le mani nel male per cercare di comprenderlo, di denunciarlo, di urlarlo con dolore senza mai cadere nei soliti luoghi comuni".
La voce narrante è quella dello scrittore-giornalista che non teme di utilizzare un linguaggio innovativo e inusuale, a metà tra il dialetto napoletano e l'italiano: la cadenza, i suoni forti ed aspri del dialetto partenopeo si amalgamano alla lingua madre, sembrano cuciti addosso ai racconti e donano a ciascuna frase la giusta e calibrata dose di pathos, mai uguale ma connaturata al momento e ai diversi sentimenti che muovono le gesta di ciascuno dei protagonisti.
I racconti confluiti in Napùl sono uno schiaffo in pieno volto, un pugno nello stomaco: hanno il potere di scuotere il lettore, di metterlo davanti alla cruda e straziante realtà dei fatti. Una realtà non filtrata o alterata, che impone una buona dose di coraggio e presa di coscienza per poter essere prima digerita e poi affrontata. Nella sua immutabilità, Napoli cambia pelle continuamente scendendo a patti con millenni di storia e il mondo globalizzato, riuscendo comunque a sopravvivere e pagando, al contempo, un prezzo sempre più alto.
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