Natale, più spazio a Gesù

27.12.2022

di Egidio Cappello

Se Natale è rinascita, è inizio, è percorso di vita nuovo, se è impegno e lotta contro ogni indifferenza e ogni stanchezza, se è attenzione e cura delle sofferenze umane, allora questo Natale è tutte queste cose elevate ad ennesima potenza. La situazione che stiamo vivendo impone coraggio, determinazione, rinuncia, impone analisi appropriate, richiede riflessioni acute e concrete, vuole propositi, regole condivise, apre a trasformazioni e a sconvolgimenti. Questo Natale è particolare nella storia dell'Occidente, in quanto assisterà ad eventi decisivi, eventi che occuperanno spazi infiniti nel mondo culturale e sociale delle comunità dell'intero pianeta. 

E' rilevante notare il grido di dolore di tante persone che hanno ceduto alla malinconia, allo sconforto e brancolano nel pessimismo più cupo. Nutrono seri dubbi sulle capacità umane di risorgere e di iniziare a costruire la speranza del ritorno ai grandi valori della vita. L'agonia del pianeta, conseguente a fatti naturali e a scelte politiche avverse ai principi della vita umana, fa da scenario al degrado culturale, spirituale ed etico che domina la vita di tante comunità. La guerra sta lavorando alacremente a sconvolgere le comunità internazionali, ad annientare tradizioni, appartenenze, affetti, a cancellare storie dignitose e nobili, sfasciando le famiglie, svuotando di legami le comunità, causando la morte a persone indifese e deboli. Il Signore Gesù ritorna sulla terra in un ambiente tra i peggiori degli ultimi anni, ritorna tra gente disorientata, tra gente che ha perso ogni punto di riferimento, tra gente ridotta al silenzio. 

Ne avrà da lavorare perché alla delusione subentri la certezza della sua presenza. Certamente sarà attratto dagli angoli del mondo ove gli unici segni di vita sono i lamenti di mamme annientate dal dolore, mamme senza speranze, e di bambini non più avvezzi a vedere il sorriso consolante di chi li circonda. L'Italia così vive questo Natale, tra paura, sgomento, solitudine e tanta volontà di cose nuove. 

La vecchia usanza di riempire i vuoti della propria mente e del proprio cuore con luminarie e con i cotechini, quest'anno non sarà prioritaria e comunque non basterà a colmare voragini profonde. L'Italia vive un'attesa profonda, un'attesa dalle riflessioni acute, dai ripensamenti straordinari, attività che si traduce in propositi singolari: ognuno pensa alla drammaticità degli eventi che lo circondano e cerca chi o coloro debbano assumere il compito di annientare ogni proposito di distruzione e di fare nuove tutte le cose. 

C'è un bisogno più forte, più profondo di parlare, di capire, di testimoniare, di scegliere, c'è una consapevolezza maggiore di appartenenza alla storia della propria comunità e della umanità. La venuta di Gesù si fa in molti, pressante e decisiva, avvertita come sostegno indispensabile per iniziare, per cominciare un processo di ricostruzione del mondo interiore degli uomini. Ognuno pensa all'idea di Papa Francesco di promuovere una grande rivoluzione culturale, propedeutica ad una grande rivoluzione delle relazioni e dei comportamenti sociali. Una rivoluzione da farsi, da preparare con la dovuta competenza e la dovuta forza d'animo, una rivoluzione condotta da protagonisti che issano bandiere nelle piazze, che gridano i propri pensieri, che rischiano, che hanno coraggio. 

Papa Bergoglio pensa ad un esercito costituito da persone risorte, persone coscienti di poter utilizzare e dare vigore a tutte le virtù e i talenti posseduti, persone decise ad essere la contraddizione della storia. Siano i giovani, scrive ancora Papa Francesco, ad interiorizzare il valore della discontinuità nei confronti della cultura della comodità e della indifferenza. Siano i giovani ad imporre la modificazione dei modelli di vita in auge oggi, creando un'ottica nuova di lettura delle cose del mondo e, in modo particolare, procedendo alla formazione di un vocabolario nuovo fatto di codici comunicativi appropriati e idonei a rispondere alle necessità dei nostri giorni. 

Penso al concetto di bene comune, che deve cancellare da se stesso la zavorra costituita dall'interesse personale, penso ai concetti di famiglia, di società, di solidarietà, di appartenenza, di giustizia, di unità, di comunione, di religione, penso ai concetti di eticità, di donazione, di consumo, di rinuncia, di partecipazione, di accoglienza, di amore. Penso alle grandi idealità, penso all'unione cosmica, alla universalità, alla tendenza di tutti a creare, promuovere e difendere la vita del pianeta, penso ad una grande famiglia umana, che guarda il creato con gli occhi di Dio. Non posso non rilevare che le categorie che dovranno sostanziare la grande rivoluzione culturale che ci aspetta sono proprie del linguaggio evangelico. La buona nuova di Gesù è fatta di linguaggio nuovo, di significati nuovi, di espressioni nuove, manifestazioni di coraggio, di attenzione, di oculatezza. 

 Questo deve essere il nostro Natale: ricominciare svuotando i nostri mondi interiori dei calcinacci della storia e riempiendo gli spazi vuoti con la cultura di Dio che da tempo ha preso dimora in ognuno di noi. L'inizio di un'era nuova, il nostro Natale, deve essere entusiasmante, responsabile e concreto: l'azione di cancellazione del vecchio deve procedere contemporaneamente alla edificazione di un mondo nuovo. Gli avvenimenti che ogni giorno sconvolgono la nostra sensibilità e la nostra ragione, ci invitano ad essere cauti, a riflettere, a meditare con lentezza ed oculatezza, e a pensare i percorsi più fattibili e positivi. Gesù che viene ci guida nelle nostre meditazioni. Occorre immergersi nelle questioni, valutare i pensieri e le determinazioni, occorre riformulare la scala dei valori della nostra vita. Il Natale è sempre nuovo e questo Natale deve essere nuovissimo. Gesù avrà un supplemento di lavoro in quanto c'è da capire, da riflettere, da vincere disorientamento e delusione e c'è da rifondare la certezza di chi ha fede.   

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