Nella Cripta di Epifanio risuona ancora la lode a Dio. Un capolavoro mondiale che teniamo nascosto.
Dom Donato Ogliari Arciabate e Ordinario di Montecassino e San Vincenzo al Volturno, lo scorso 10 agosto ha celebrato la memoria di San Lorenzo martire nella cripta di Epifanio, fiore all'occhiello del sito archeologico di San Vincenzo al Volturno (IS).
La Cripta conserva al suo interno il prezioso ciclo di affreschi, risalente all'830 d.C., in cui è presente una delle più antiche raffigurazioni del santo diacono ritratto nel momento del suo martirio sulla graticola.
Era presente anche l'intera comunità Monastica benedettina di San Vincenzo al Volturno che ha animato il momento di preghiera con i suoi canti. Un momento di intensa spiritualità che ha fatto percorrere ai presenti un viaggio indietro nel tempo di oltre 1200 anni.
Questo rende - se possibile - ancora più colpevole lo stato di abbandono in cui versa la restante parte dell'area archeologica. Uno scrigno di storia antichissima che San Vincenzo al Volturno tra i siti più importanti per la storia dell'Europa cristiana.
Un capolavoro mondiale che teniamo nascosto.
Ma di cosa si tratta davvero? QuintaPagina, ancora una volta si affida al racconto magistrale che di quel sito fa l'architetto Franco Valente, da cui ricaviamo anche alcune immagini.
"Una quindicina di anni fa - scrive l'architetto - ogni notte di S. Lorenzo tenevo un racconto illustrato sul Monastero, tra gli scavi di S. Vincenzo al Volturno. Sempre gratuitamente. Una volta contammo oltre 900 persone nella spianata della basilica di Josue.
Ho ripetuto la cosa quattro volte. Poi la Soprintendenza mi chiese 2.000 euro di cauzione e il pagamento dello straordinario ai custodi-dipendenti per essere autorizzato. Allora decisi di lasciar perdere. Il ministero dei Beni Culturali nel Molise stanca pure gli eroi!".
Ci viene quasi da pensare che in certi ambienti - e ahimé in perfetto stile molisano - si preferisca in certi siti tenere l'erba alta per le mucche al pascolo che non consentire attività culturali che per altro non costano nulla e facilitare così la conoscenza dell'immenso patrimonio storico-artistico di cui immeritatamente siamo custodi. Ma fino a quando le simpatie avranno precedenza sulle competenze. tant'è!
Ma torniamo a noi...
S. LORENZO E S. STEFANO NELLA CRIPTA DI EPIFANIO
"Nella Cripta dell'Abate Epifanio, - scrive ancora l'architetto - sulla parete opposta all'abside, sono disposte in un unico scenario le vicende finali del martirio dei santi Lorenzo e Stefano.
Anche se i due santi furono martirizzati in luoghi e tempi diversi (il primo a Roma intorno al 258, il secondo a Gerusalemme al tempo degli Apostoli), il contesto in cui si svolgono i due sacrifici è il palazzo romano dell'imperatore Valeriano, i cui elementi architettonici si riducono ad una terna di paraste dalle quali si staccano architravi poggianti sui capitelli, vagamente ionici, di colonne circolari.
La poco credibile costruzione prospettica, che serve ad illudere l'osservatore, quasi si tratti di elementi di sostegno della volta a botte di quella parte della cripta, in qualche modo ci ricorda una strana composizione architettonica che ritroviamo nei due salteri di area macedone del IX e del X secolo (e quindi il primo più o meno coevo e l'altro posteriore alle nostre pitture) dove sono rappresentate due simili versioni dell'unzione di Davide[xx]. In ambedue i casi, anche se in contesti totalmente diversi, si nota questa anomala composizione di uno pseudo-architrave poggiante da una parte su parasta e dall'altra su colonna.
Particolare è la decorazione murale degli elementi di aggetto, costituita da spirali fitomorfiche terminate da turgidi boccioli derivate dalla tradizione classica, che ci richiamano le decorazioni miniate in uso per tutto il medioevo, come è il caso della figurazione della Natività sul frontespizio di un vangelo di Matteo del sec. XII.
S. Lorenzo
Nella scena del martirio di Lorenzo, il santo, completamente nudo, con le mani legate, è steso su una graticola mentre due carnefici, dalla parte dei piedi, lo tengono fermo con lunghe forcine a due punte.
Al disopra della testa sopravvivono alcune lettere dell'originale SCS LAURENTIUS.
Appare evidente il riferimento iconografico alla Passio di S. Lorenzo del Martirologio di Adone dove si legge che gli aguzzini agivano desuper comprimentes furcis ferreis.
La scritta verticale, carnifices, sembra tratta dal carme damasiano in onore di S. Lorenzo: verbera carnifices flammas tormenta catenas vincere Laurenti sola fides potuit.
Nella parte opposta, sulla sinistra, un terzo carnefice, anch'esso come gli altri vestito di una tunichetta a mezza gamba e calzato con stivaletti di cuoio, volge le spalle al fuoco come per ripararsi dal calore trattenendo la fune con la quale è legato il martire. In alto a sinistra è la figura incombente dell'imperatore Valeriano che, seduto sul cuscino di velluto di un ricco trono ornato da perle e pietre preziose, si piega in avanti a confermare l'ordine impartito agli esecutori. Al centro un angelo piombante, dalle ali multicolori e la lunga tunica, scende a testa in giù in soccorso di S. Lorenzo.
Sull'altra parte della parete è presentato S. Stefano sacrificato da un gruppo di lapidatori di cui rimangono visibili solamente i due di destra. Della figura del santo rimane solo la parte superiore, comunque sufficiente a farci capire che era inginocchiato e con le braccia sollevate al cielo mentre subiva il martirio.
S. Stefano
Gli assassini hanno tuniche più lunghe di quelle dei carnefici di Lorenzo ed hanno ambedue un ampio mantello rigirato all'indietro ed appuntato sulla spalla destra con un grande fermaglio circolare.
Anche in questo caso è evidente il riferimento alle Sacre Scritture. Si legge infatti negli Atti degli Apostoli: I testimoni deposero i mantelli ai piedi di un giovane chiamato Saulo. E lapidavano Stefano che pregava e diceva: Signore Gesù accogli il mio spirito. Poi piegate le ginocchia gridò a gran voce: Signore, non imputare loro questo peccato! E ciò detto si addormentò.
Ugualmente attinge alla tradizione la colorazione delle pietre, alcune delle quali sono tinte del rosso del sangue, in parte trattenute al grembo dei lapidatori che le scagliano con la mano destra, in parte ritratte in volo.
Complessivamente le due scene creano la sensazione di un grande turbinio provocato da un soffio che sembra entrare nell'ambiente dalla finestrella posta sulla destra della composizione. Movimento di aria evidenziato sia dallo svolazzare degli abiti dei carnefici, sia dall'arrivo dell'angelo, sia dal sollevarsi del mantello alle spalle dell'imperatore e che si pone in contrasto con l'assoluta immobilità che pervade lo spazio individuato dall'abside della cripta.
Sul culto per i due santi, associato a quello per S. Vincenzo, non possiamo non fare riferimento alla tradizione volturnense della quale abbiamo parlato prima a proposito del sogno che l'imperatore Costantino avrebbe fatto quando decise di fondare in quel luogo un basilica dedicata al santo di Saragozza".
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