Non basta fare rumore, serve dialogo incessante

25.11.2023

Nel bagno delle ragazze di un liceo compare la scritta: "Turetta salvaci tu". La preside: "Sono rimasta senza parole". Pier Paolo Giannubilo, scrittore e docente: In classe non ho fatto osservare il minuto di silenzio. Ma non ho neanche "fatto rumore"

Al liceo Zucchi di Monza, sulla porta di un bagno, nelle toilette femminili, è apparsa la scritta «Turetta salvaci tu», un messaggio di sostegno Filippo Turetta, accusato di aver ucciso la ventiduenne Giulia Cecchettin. 

Come riporta il Corriere della Sera, il gesto appare piuttosto strano dato che proprio in questo istituto gli studenti hanno sempre mostrato sensibilità verso il dibattito sulle differenze di genere. È lo stesso liceo, infatti, dove anche i ragazzi, una volta all'anno, si presentano a lezione indossando la gonna, come momento simbolico per l'abbattimento degli stereotipi di genere.

La scritta, realizzata su foglio con dello spray, una volta individuata, è stata immediatamente rimossa. Ferma condanna da parte della dirigente, Rosalia Natalizi Baldi: "Sono rimasta senza parole, c'è stato un confronto con docenti e rappresentanti degli studenti per capire come possa essere successo. Forse è il gesto di una persona esterna alla scuola. Comunque il dialogo con gli studenti è sempre aperto".

Questo fatto, vicenda delle ultime ore, mi ha fatto ripensare con ancora maggiore convinzione, alla riflessione proposta nei giorni scorsi da Pier Paolo Giannubilo, scrittore e docente: "In classe non ho fatto osservare il minuto di silenzio. - Ha scritto Giannubilo - Ma non ho neanche "fatto rumore". Ho parlato. Dal momento che credo ancora nella parola, ho "parlato" ai miei alunni e ho ascoltato ciò che avevano da dire in merito a ciò che sta accadendo. Come faccio con loro ogni santo giorno che Dio manda sulla terra, non solo quando una povera ragazza viene trucidata.

Dannandomi ogni santo giorno l'anima affinché leggano i giornali e guardino i tg e si immergano nei romanzi - attraverso i quali ci si costruisce la propria mappa del mondo e dei sentimenti - oltre a memorizzare regole grammaticali e interpretare correttamente orazioni ciceroniane. Affrontando ogni santo giorno questioni scabrose - dal sesso alle droga, dalla violenza (di genere e non) alle dipendenze, dalla loro ansia divorante al modo in cui questa malsana società iperconnessa e iperviolenta li ha resi drammaticamente soli: le questioni di cui nessun altro gli parla e delle quali non parlano a nessuno.

Facciamo la nostra parte quotidianamente, nelle aule. Conosciamo i nostri (vostri) ragazzi e ragazze più di chiunque altro. Spesso più dei loro stessi genitori.

Prestiamo loro attenzione più di quanta gliene prestino influencer e attivisti improvvisati coi loro vacui slogan tutti uguali, impegnati h 24 a riempire i social con la stessa formuletta che inizia e finisce in quel "patriarcato tossico" ottimamente instagrammabile, perfetta, in questi giorni, per posizionarsi dalla parte dei buoni: la parola d'ordine valida per tutte le stagioni ma sempre più simile a una reclame che a una analisi, il motto che aizza ma non scende in profondità, che fa "rumore", appunto, ma non illumina.

Non ho fatto osservare il minuto di silenzio né fatto rumore perché lo spaesamento della generazione che lo Stato mi paga per aiutare a crescere esige altro. Esige disamine serie e un dialogo incessante, non frasi fatte.

Le ovvietà da social che vedo imperversare, le trite ovvietà che stanno proliferando con la pretesa di raccontare la complessità attraverso la citazioncina virgolettata di questo o quel personaggio famoso lasciano il tempo che trovano, oltre a intristire. Non sono la risposta al problema. Ma "parte" del problema".

©Produzione riservata

Segui la nostra informazione anche su Facebook o unendoti al nostro gruppo WhatsApp e visita il nostro canale Youtube