Non lasciateci soli!

21.05.2024

don Salvatore Rinaldi e Chiara Franchitti

Oggi si tende più spesso a sposare l'idea che non occorra educare i giovani all'amore e che occorra lasciarli liberi senza particolari costrizioni. Così, essi, non inciampando in nessun ostacolo, protetti da ogni difficoltà e da ogni rischio, senza saper nulla del vero amore e del senso più profondo degli affetti, crescono con l'idea del tutto facile, a portata di mano. Finiremo per crescere una generazione di giovani che hanno paura dell'amore, di darsi completamente, perché sanno quanto sia doloroso poi correre il rischio di amare e di rimanere delusi. Oggi è molto più difficile trovare punti di riferimento stabili. I valori sembrano essere diventati così relativi! 

L'amore è un bisogno originariamente impresso in ogni essere umano fin dalla nascita. Il desiderio di essere accolto, amato, capito è sempre forte in noi, chiede risposta. Se l'esperienza più profonda che un individuo può vivere, quindi, è quella dell'amore (e noi lo sappiamo tutti per esperienza personale fin da quando eravamo piccoli) non è difficile capire che sia come genitori, sia come insegnanti o educatori possiamo imparare qualcosa di autentico dell'amore se siamo amati. L'essere amati è la prima fondamentale condizione, per poter imparare ad amare. L'amare e l'essere amati si apprende innanzitutto in famiglia. 

L'uomo è eccellenza un essere socievole, alla continua ricerca di una sua identità. Ma essa si attua nel profondo rapporto dialogico con gli altri. Quindi, possiamo affermare che «le persone sono tali se -e solo se- vivono le relazioni in modo umano». In questo senso, anche la famiglia è tale se sono vive le relazioni che i suoi membri sanno intessere tra loro e con la comunità. Senza amore e rispetto dell'altro non c'è nemmeno felicità, non c'è pace nella coppia, in famiglia, nella comunità, nelle istituzioni. La nostra società da molta enfasi ai sentimenti, alle emozioni, all'amore romantico, ma poco all'arte di amare. Creare un "legame romantico" con qualcuno non è poi così difficile, ma molte nostre delusioni nascono proprio perché non sappiamo trasfigurare l'amore romantico in amore profondo. Siamo impreparati ad affrontare le inevitabili crisi, perché la nostra cultura nulla o poco fa per allenarci all'arte dell'amore. Se l'amore romantico ci fa apprezzare la persona che amiamo per quello che è, l'amore profondo, come "legame dell'anima", si schiude ad un'altra dimensione, quella in cui si vede si ama e l'altro anche per quello che potrebbe essere. 

L'amore dà la vita. È attento, soccorre, abbraccia, sorreggere, incoraggia. L'amore è esigente, ha le sue regole. L'amore non ha paura, ha la sua identità, purezza, è disarmato, sa ricominciare, è felice della felicità altrui, la cerca e la dona, non si ferma finché non trova. Una prima condizione dell'amore è la scelta di essere onesti verso l'amore stesso. Chi ama non inganna. Un secondo passo è quello di imparare a comunicare, una vera arte che richiede attenzione e ascolto, la costante apertura della mente e del cuore. L'amore, però, richiede tempo. In una società frenetica come quella attuale il tempo ci sfugge. Occorre dedicarci di più all'arte dell'amore, da coltivare anche nei dettagli, nelle sfumature, in ogni angolo del nostro cuore. 

L'evoluzione verso il dono di sé per amore dell'altro non è autentica. In qualche modo è una scelta di morte. Il prezzo dell'amore è alto e, per giungervi, occorre almeno in parte, perdere la propria vita. Ricordiamoci che non siamo costretti ad amare: scegliamo di farlo. E ciò a volte richiede sacrificio. E in amore sacrificarsi significa scegliere di guarire dall'egoismo ed aprirsi alla condivisione che è il modo concreto per esprimere l'amore. Condivisione di tempo, attenzione, abilità, denaro, cose, idee, sentimenti. Così il perdono. Esso è una vera apertura di credito all'altro, lo rimetto in comunione. Amare, in sintesi, è donare. E dare è l'unico modo che abbiamo per imparare anche a ricevere. L'amore è il vero senso della vita. 

Ricordo a me che la personalità dell'educatore non dipende tanto dal suo sapere, e dal suo sapere fare, quanto dal suo valere, dal suo essere riconosciuto ed accettato dall'educando come mediatore tra la sua insicurezza è quella verità che cerca. E che l'educando veda realizzati in concreto, nella persona dell'educatore, quei valori che gli sono indicati. Infatti, l'umanità dell'educatore non esclude, ma include la cultura, perché non si può insegnare ciò che non si conosce, e include la professionalità, perché non si insegna ad apprendere se non si sa insegnare. 

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