Palazzina Laf di Michele Riondino è il riscatto di Taranto

09.07.2025

Nell'àmbito dei venticinque anni di RaiCinema, il film, uscito nel 2023, è stato trasmesso su Rai3 in prima visione assoluta.

di Giulia Zinedine Fuschino

Scritto, diretto ed interpretato dall'attore tarantino Michele Riondino, al suo esordio alla regia, Palazzina Laf ha fatto carrellata di premi: tre David di Donatello, con migliore attore protagonista, miglior attore non protagonista ad Elio Germano, miglior canzone originale a Diodato (anch'egli tarantino) e ai Nastri d'Argento 2024 (per le stesse categorie, con in più miglior regia e miglior sceneggiatura originale insieme a Maurizio Braucci).

Il film racconta la Taranto del 1997, in particolare la Taranto che soffre intorno al complesso ILVA, tutt'ora noto e tutt'ora un caso emblematico di come il lavoro e la salute pubblica vengano sbeffeggiati in favore della grande produzione. L'operaio Caterino Lamanna (Michele Riondino) vive in una masseria caduta in disgrazia a causa della vicinanza al polo siderurgico e sta per sposarsi. Quando il dirigente aziendale (Elio Germano) decide di fare di lui una spia per individuare gli operai di cui sarebbe bene liberarsi, in cambio di un aumento di stipendio, Caterino comincia a pedinare i colleghi con lo scopo di denunciarli. Per essere più efficiente, chiede di essere collocato alla Palazzina LAF (acronimo di laminatoio a freddo) il reparto-lager dell'Ilva riservato agli impiegati "scomodi". Sarà lì che Caterino scoprirà che ciò che credeva un paradiso in realtà (non si lavora, si sta chiusi nelle stanze della palazzina) è un inferno.

L'occhio dello spettatore segue questo sviluppo all'interno del movimento operaio stesso, attraverso Caterino: il malcontento crescente, il mobbing nelle sue varie forme (che culmina nello spostamento nella Palazzina o il ricatto con i licenziamenti) con la causale del rimodernamento del sistema produttivo; le lotte sindacali, il cancro ambientale che piano piano lo spettatore scorge nella masseria di Caterino (muore il bestiame di tumore per l'aria irrespirabile) o nei fumi neri che si levano dal fantasma ILVA. Di contro, lo spettatore può entrare anche negli uffici dirigenziali, in un continuo movimento borderline del protagonista, e ne scopre le logiche più terribili, anche grazie alla splendida interpretazione di Elio Germano. Caterino diventa spia, un mezzo, com'era mezzo da operaio. E questo lo capirà troppo tardi. Il film si ispira alla vicenda giudiziaria che coinvolse il gruppo dirigenziale Riva, negli anni '90, i cui membri decisero di confinare gli impiegati che si erano opposti alla "novazione" del contratto, ossia al declassamento a operai, pratica illegale nonché pericolosa per gli stessi lavoratori, nella Palazzina Laf dismessa. D'impatto è la sequenza iniziale del film: l'ennesimo funerale di un operaio morto sul lavoro, nella chiesa del Gesù Divino Lavoratore di Taranto, il cui mosaico rappresenta Cristo che dal ponte girevole, sullo sfondo di navi e ciminiere dell'impianto, benedice operai, pescatori, massaie, professionisti; benedice una Taranto oppressa che non trova pace contro un mostro, un mostro che doveva rappresentare (anche negli auspici propagandistici del mosaico, fatto proprio in occasione dell'inaugurazione) l'arrivo del progresso, che invece significa sfruttamento, malattia e morte. 

Palazzina Laf vuole essere una denuncia pubblica di ciò, ma anche una testimonianza diretta di una Taranto che resiste, tramite gli operai e i sindacati, gli abitanti, lasciati a sé stessi dalle istituzioni. Abitanti che, nonostante le enormi difficoltà, hanno deciso di rompere metaforicamente i muri della Palazzina e di urlare, lottare e il cinema ne dà forte eco, che arriva alle coscienze come un colpo doloroso, ma necessario. Grazie ad uno di loro.

©Produzione riservata

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