Papa Benedetto è salito al Padre. Santità, Grazie!

31.12.2022

di Paolo Scarabeo

Alle 9.34 di questa mattina - come attestato dal Bollettino della Sala Stampa Vaticana - Sua Santità Papa Benedetto XVI, emerito dal 2013, è salito al Padre. Si è conclusa, dunque, oggi la sua esistenza terrena.

Un Papa che abbiamo amato e del cui insegnamento ci siamo alimentati, attingendo a piene mani da un sapere profondo, frutto di una vita dedita all'approfondimento di Dio e del suo Mistero, alla contemplazione e all'indagine teologica. Un Papa del cui valore - siamo certi - la Storia saprà rendersi conto, al di là dei delatori e dei "giornalai" che già in queste primissime ore sono affaccendati nel rinvangare scandali e accuse. 

Era stato invitato a soli 24 anni con il ruolo di perito ai lavori del Concilio Ecumenico Vaticano II. Con Papa Giovanni Paolo II era poi arrivato nella Curia Romana come Prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, fino alla fumata bianca del 2005, quando con il nome di Benedetto XVI salì al Soglio Pontificio.

Un papato durato 8 anni, avversato, vilipeso, combattuto addirittura dall'interno da una frangia di "chiesa" (con la c piccola e molte virgolette) che aveva ed ha perso di vista il Vangelo. Un papato certamente stretto tra due figure carismatiche come Giovanni Paolo II e Francesco, ma che ha saputo fondarsi sull'essenziale, dando alla dottrina e all'insegnamento la centralità che meritano. Un Papa Maestro, che ha fatto dell'insegnamento la sua missione, uno tra i più grandi teologi del'900, autore di innumerevoli pubblicazioni.

Sarà ricordato certamente nella Storia come il Papa (il secondo dopo Celestino V) della Rinuncia al Pontificato. Ricordiamo tutti quel giorno. Ero in Ufficio e non riuscivo a rendermi conto di cosa stesse accadendo. Papa Benedetto aveva scelto la vita di contemplazione rinunciando al suo ministero petrino. 

Papa Ratziger non rinunciava al ministero petrino per cedere ai ricatti di ratzingeristi «pentiti». Nemmeno gli scivoloni e i disastri causati da suoi collaboratori e le meschinità e cattiverie alto-ecclesiastiche scoperchiate da Vatileaks hanno avuto un ruolo determinante. Anche quei fatti incresciosi, guardati con sguardo di fede, non richiamavano tanto l'urgenza di un governo «di polso», come impongono le dinamiche di potere e i riflessi condizionati nelle aziende in crisi. Le magagne e anche gli incidenti provocati da veri o presunti «facenti funzioni» del Papa teologo mostravano piuttosto, una volta di più, che le sorti della Chiesa non possono mai essere ultimamente sospese alle scaltrezze e agli errori, ai successi e ai fallimenti degli uomini di Chiesa e degli auto-occupati degli apparati clericali.

C'è una sua pagina che abbiamo sempre amato e che - da giovane - lo aveva fatto riflettere sulla Chiesa e sul futuro di essa. Vogliamo proporvela ora, nella sua parte essenziale, dice tutto di lui. Una pagina con cui concluse un ciclo di lezioni radiofoniche che l'allora professore di teologia svolse nel 1969, in un momento decisivo della sua vita e della vita della Chiesa. Sono gli anni turbolenti della contestazione studentesca, dello sbarco sulla Luna, ma anche delle dispute sul Concilio Vaticano II da poco concluso e - ancora oggi - mai davvero vissuto. Una pagina profetica e quanto mai attuale:

"Dalla crisi odierna emergerà una Chiesa che avrà perso molto. Diventerà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Non sarà più in grado di abitare molti degli edifici che aveva costruito nella prosperità. Poiché il numero dei suoi fedeli diminuirà, perderà anche gran parte dei privilegi sociali.

La Chiesa troverà di nuovo la fede nel Dio Uno e Trino. Ma nonostante tutti questi cambiamenti che si pos­sono presumere, la Chiesa troverà di nuovo e con tutta l'energia ciò che le è essenziale, ciò che è sempre stato il suo centro: la fede nel Dio Uno e Trino, in Gesù Cristo, il Figlio di Dio fattosi uomo, nell'assistenza dello Spirito, che durerà fino alla fine.

Ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la fede e la preghiera al centro dell'esperienza e sperimenterà di nuovo i sacramenti come servizio divino e non come un problema di struttura litur­gica.

Uscirà dalla Chiesa una grande forza. Sarà una Chiesa più spirituale, che non si arrogherà un mandato politico flirtando ora con la sinistra e ora con la destra. Essa farà questo con fatica. Il processo infatti della cristallizzazione e della chiarificazione la renderà povera, la farà diventare una Chiesa dei piccoli, il pro­cesso sarà lungo e faticoso.

Ma dopo la prova di queste divisioni uscirà da una Chiesa interiorizzata e semplificata una grande forza.

Si stanno preparando per la Chiesa tempi molto dif­ficili. Gli uomini che vivranno in un mondo totalmente programmato vivranno una solitudine indicibile.

Se avranno perduto completamente il senso di Dio, sentiranno tutto l'orrore della loro povertà. Ed essi scopri­ranno allora la piccola comunità dei credenti come qual­cosa di totalmente nuovo: lo scopriranno come una spe­ranza per se stessi, la risposta che avevano sempre cercato in segreto...

A me sembra certo che si stanno preparando per la Chiesa tempi molto difficili. La sua vera crisi è appena in­cominciata. Si deve fare i conti con grandi sommovimenti.

La Chiesa conoscerà una nuova fioritura.

Ma io sono anche certissimo di ciò che rimarrà alla fine: non la chiesa del culto politico... ma la Chiesa della fede. Certo essa non sarà più la forza sociale dominante nella misura in cui lo era fino a poco tempo fa. Ma la Chiesa conoscerà una nuova fioritura e apparirà come la casa dell'uomo, dove trovare vita e speranza oltre la morte".

Potremmo scrivere ancora per ore... ci limitiamo a dire un Grazie, incondizionato e filiale, colmo d'amore di riconoscenza. 

Aveva detto: «Ben presto mi troverò di fronte al giudice ultimo della mia vita. Anche se nel guardare indietro alla mia lunga vita posso avere tanto motivo di spavento e paura, sono comunque con l'animo lieto perché confido fermamente che il Signore non è solo il giudice giusto, ma al contempo l'amico e il fratello che ha già patito egli stesso le mie insufficienze e perciò, in quanto giudice, è al contempo mio avvocato (Paraclito). In vista dell'ora del giudizio mi diviene così chiara la grazia dell'essere cristiano. L'essere cristiano mi dona la conoscenza, di più, l'amicizia con il giudice della mia vita e mi consente di attraversare con fiducia la porta oscura della morte. In proposito mi ritorna di continuo in mente quello che Giovanni racconta all'inizio dell'Apocalisse: egli vede il Figlio dell'uomo in tutta la sua grandezza e cade ai suoi piedi come morto. Ma Egli, posando su di lui la destra, gli dice: "Non temere! Sono io..."».

E siamo certi che grande è il gaudio in Cielo per questo figlio e insieme padre, discepolo e insieme maestro.

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