"Pietà", una bella 'fotografia' di Antonio Galetta
Giammarco Rossi
Le elezioni nei piccoli paesi sono un rituale che va oltre il semplice "diritto e dovere" del cittadino. Sono le ronde notturne, gli incontri nei luoghi più impensabili, i bar che si fanno sedi di liste civiche e di gente che cammina sottobraccio sussurrando, lontano da occhi indiscreti. È la corsa disperata per cercare i "riempilista" che non beccano nemmeno un voto ma servono lo stesso, servono alla comunità e, soprattutto, al candidato. Sono i ragazzi che ritornano per votare e quelli che restano per candidarsi; sono le persone che "mai voterebbero quella lista" e invece fanno tutto il contrario. Siamo «noi che viviamo […] un muro contro l'assedio di ciò che non vogliamo accettare» eppure «siamo uomini del mondo e conosciamo la vita» e proprio per questo abbiamo «l'ambizione di amministrarla».
Tutto questo Antonio Galetta lo sa bene e lo scrive con ferma lucidità attraverso un noi narrante che ti avviluppa e ti trascina con un potente climax fino alle ultime ore della chiusura della campagna elettorale.
Esordi così non se ne vedono tutti i giorni. "Pietà" è un'istantanea dinamica di qualsiasi piccolo paese, di ogni singolo posto in cui «non si vota il partito, ma la persona» perché nei paesi si crede nel singolo, nel salvatore, ma spesso ci si affida al gruppo.
«Cosa vuol dire tornare in un posto, e cosa vuol dire restare?» Le elezioni sono il "pretesto" per mostrare dall'alto il piccolo paese e ignorare che alle sue porte divampa un grande incendio che tutti credono di avere sotto controllo. La vita lenta, il bar, i luoghi familiari… eppure quando sei in città ti manca il paese e quando sei in paese ti manca la città, collocarsi è un'attività abbastanza complicata oggi e i personaggi di questo romanzo lo sanno bene.
Non scomodiamo Pasolini, tantomeno Sciascia, perché l'autore mostra un rapporto col Potere sotto una forma non nuova ma comunque inedita. Se proprio vogliamo cercare qualcuno, allora, guardiamo Kundera perché solo nella sua opera ci sono descrizioni parallele della condizione umana dei personaggi fatta con tanta naturalezza e precisione.
Galetta mostra con semplicità ciò che realmente è un paese, mostra davvero "la grazia o il tedio a morte del vivere in provincia". E allora le elezioni, nel romanzo come nella realtà, sono solo un evento: sono un appiglio all'ultima voglia di salvarsi e di salvare. L'ultimo scatto di ipocrisia possibile o il disperato tentativo di provare davvero un cambiamento per il bene collettivo. Per i bambini che dovranno nascere e che andranno via e per quelli che invece sono tornati. Pietà dunque, anche verso quelle disgrazie collettive che servono ad ammortizzare e ad accettare quelle individuali. Pietà anche verso l'oplitica e tutte le sue forme.
Perché «c'è di tutto, in una vita umana» e quindi «si alzi in piedi chi ha la pietà per lanciare uno sguardo grandangolare sul mondo, pensarsi come parte di qualcosa, qualunque cosa che sia più grande di se stesso».