Platone di Atene: il bisogno di guardare in alto

23.04.2022

di Egidio Cappello

Platone fu allievo di Socrate in Atene, negli ultimi anni del V secolo a.C., periodo di profonda crisi della città. Lo seguì fino al giorno della sua morte, consumata per via di una condanna per dir poco immorale. Fu così colpito dalla perdita del maestro e dai risvolti sociali dell'evento da darsi alla comprensione e alla interpretazione della giustizia. Costruisce in poco tempo il connubio necessario tra la cultura e la giustizia, tra la morale e la giustizia, raggiungendo una interpretazione straordinaria della giustizia: questa, dice Platone, è l'attività che crea utile e benessere per i cittadini. Platone ha intuito che la ricerca del bene comune è parte integrante della definizione della giustizia. E la ricerca del bene deriva dal possesso di determinate conoscenze. C'è un legame indissolubile tra cultura, giustizia e bene comune. Platone individua così il tipo di cultura, il tipo di conoscenze e di competenze necessarie perché un uomo sia giusto e attui la giustizia.

L'interesse di Platone si sposta sulla concezione dell'anima umana. Aveva ereditato dal maestro la figura dell'uomo saggio, dell'uomo nella pienezza delle sue funzioni razionali edelle sue capacità creative, dell'uomo che vive intensamente le proprie risorse e le attua, nell'affannosa ricerca del proprio e del bene sociale. Il modello dell'uomo dalle grandi doti culturali ed umane, dalle grandi capacità valutative, dalla grande serietà e dal profondo decoro, egli lo vedeva proprio in Socrate, suo maestro. La tendenza tradizionale alla oggettività dei saperi e alla universalità dei valori, la tendenza alla socialità e ai valori della polis, gli apparivano come frenate da atteggiamenti culturali inneggianti all'individualismo come la retorica sofistica, e da concezioni politiche bugiarde, volte al conseguimento di benessere personale e capaci di macchiarsi di azioni orrende.

Platone cerca saperi autorevoli, cerca idee autorevoli, idee eterne, incorruttibili, indipendenti dai flussi e dalle trame della storia, indipendenti dalle vie della conoscenza sensibile, dotazioni che necessariamente identificano chi gestisce la cosa pubblica e ha responsabilità politiche. Platone pensa ad un mondo diverso da quello del pensiero umano, un mondo iperuranio, trascendente, ove sono le idee eterne, dove vivono i saperi eterni. Un mondo che supera l'hic et nunc della storia, che va oltre i limiti della città e guadagna l'umanità intera. Ebbene Platone afferma che l'uomo, con la propria anima, attinge direttamente le idee autorevoli nel mondo iperuranio e le fa proprie e le realizza nella propria vita quotidiana. Platone è duro nei confronti di coloro che ne hanno la possibilità ma decidono di seguire il mondo bugiardo della opinione e restano incatenati al loro recinto di esperienze sensoriali.

L'anima vive la trascendenza, deriva dal mondo trascendente, e si porta dietro, scendendo nel corpo umano, il ricordo delle idee eterne. L'anima continuamente rimane legata al mondo iperuranio si da esprimere facilmente la propria appartenenza ad un mondo di idealità eterne. Non è sempre facile comunque per l'uomo, aspirare al mondo dell'eterno, alla luce dell'eterno. Spesso le catene che tengono avvinghiato l'individuo a realtà oscure proprie di caverne e ad immagini false ritenute vere, diventano elementi essenziali della vita e se, per avventura, lo stesso individuo si libera dalla catene e corre verso la luce, finisce nel dubbio e, tra pensieri e ripensamenti, ritorna nella caverna a dire dell'errore commesso e della novità della sua vita. Non è strano che venga ucciso dai suoi amici schiavi delle stesse catene. L'intero mondo ha il sigillo della eternità e della universalità: Platone intuisce che tutto è opera di un essere, di un uomo-dio, undemiurgo, che plasma e forma le cose guardando direttamente l'eterno del mondo iperuranio. Interessante è la sequela delle argomentazioni addotte da Platone per significare la necessità dell'appartenenza a tale mondo trascendente per tutti coloro che hanno responsabilità politiche ed educative. Senza le competenze necessarie, senza la luce dell'oggettività e dell'eternità, nessun uomo sarà in grado di operare nella giustizia e creare una società giusta.

Il filosofo propone le figure dei filosofi, dei politici, degli educatori, degli artisti, dei soldati, degli agricoltori, e assegna a tuttile naturali mansioni perché la società sia sicura e protetta dal proprio ordine interno e dal rapporto tra tutte le proprie categorie. Nel nostro mondo, ove la guerra è ancora considerata uno strumento utile per la soluzione dei problemi, ove è ancora difficile comprendere appieno il significato di bene comune, ove la morale è per lo più emarginata ad elemento secondario della vita, ove infine la cultura è intesa come prerogativa e privilegio del più forte, ebbene il ritorno alla lettura e alla appropriazione del pensiero di Platone è fortemente necessario. Occorre leggere Platone rifiutando certe interpretazioni senza senso che la tradizione ci ha tramandato. Penso all'amore platonico che passa per amore vuoto o privo di concretezza. Platone dà invece dell'amore la più completa lettura che ragione possa fare, lettura che non limita l'amore al proprio interesse particolare, ma lo eleva a sentimento di accoglienza e di apertura verso tutti. Nessuno sfugge alla legge dell'amore. La grandezza dell'uomo è data dalla dimensione dell'amore che ognuno riesce ad esercitare.

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