Poltrone al posto di strade, sanità e lavoro: la solita politica che non ascolta il Molise
In una regione che si svuota giorno dopo giorno, dove i giovani partono e i vecchi restano soli tra le macerie dei servizi pubblici, la politica ha finalmente trovato la soluzione a tutti i mali: aumentare le poltrone.
Sì, proprio così. Mentre gli ospedali chiudono, i medici mancano, le strade franano e i treni non passano, il centrodestra molisano si riunisce a Roma – lontano dal Molise, lontano dalla gente – per decidere come spartirsi i nuovi posti da assessore offerti dalla legge del Governo Meloni.
Una riunione "di coordinamento politico", si legge nella nota ufficiale. Un summit di partito, tenutosi negli uffici romani del senatore Claudio Lotito, per parlare – almeno sulla carta – di sanità, infrastrutture e agricoltura. Peccato che, alla fine, il vero tema sul tavolo sia stato un altro: chi entra e chi esce dalla giunta regionale.
Si parla di quote rosa, di rimpasti, di nuove deleghe e sottosegretariati. Di equilibrio interno alla coalizione. Di tutto, insomma, tranne che dei molisani.
Perché mentre a Roma si discute di assessori, in Molise le ambulanze non arrivano, i pronto soccorso scoppiano, le famiglie si indebitano per curarsi fuori regione. Mentre i leader di partito stilano liste di nomi, i pendolari percorrono strade che sembrano mulattiere, e il trasporto ferroviario resta un miraggio. Mentre si pensa a come "valorizzare le eccellenze del territorio", i ragazzi che potrebbero rappresentare il futuro lo cercano altrove, e il Molise continua a invecchiare, a svuotarsi, a morire lentamente.
È l'ennesima fotografia di una politica autoreferenziale, lontana dalla realtà, chiusa nei palazzi e incapace di guardare in faccia la gente che dovrebbe rappresentare. Una politica che parla di "visione comune" ma non vede la povertà, che parla di "sviluppo" ma non investe in lavoro, che parla di "tavoli permanenti" mentre i tavoli delle famiglie sono sempre più vuoti.
A ogni emergenza, una promessa. A ogni promessa, una poltrona in più.
E così, tra un comunicato e una stretta di mano, si perpetua un sistema dove il potere diventa fine, non mezzo. Dove l'azione amministrativa si riduce a un rimpasto, a un equilibrio di correnti, a una partita interna che nulla ha a che vedere con la vita reale.
Il Molise non ha bisogno di nuovi assessori: ha bisogno di strade sicure, ospedali funzionanti, lavoro dignitoso, scuole aperte, treni che arrivino e giovani che restino.
Ma finché chi governa continuerà a cercare soluzioni a Roma, e non tra la sua gente, il Molise resterà quel che è diventato: una terra che resiste, nonostante chi la comanda.
