Profeti a caro prezzo

29.01.2022

IV Domenica del Tempo Ordinario

Letture: Geremia 1,4-5.17-19; Salmo 70; Prima Lettera ai Corinzi 12,31 - 13,13; Luca 4,21-30

di don Mattia Martino

Il brano evangelico odierno è il seguito di quello della scorsa settimana. Siamo ancora nella sinagoga di Nazareth, paese dove Gesù è cresciuto e cui torna dopo un periodo di assenza. Durante la liturgia del Sabato legge una profezia di Isaia e ne annuncia il compimento, facendo capire che il profeta parlava proprio di Lui. Il commento che Gesù fa al passo è condensato in una frase: "Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato". È la prima omelia di Gesù, e da essa riusciamo a comprendere cos'è un'omelia e i suoi elementi costitutivi. Come ci insegna il Concilio Vaticano II, l'omelia è parte integrante della liturgia. I suoi elementi ce li suggerisce proprio Gesù: la Scrittura; oggi; per voi. L'omelia verte sempre su una pericope della Scrittura (quasi sempre il testo evangelico); attualizza il suo messaggio nell'oggi, nella vita concreta dei singoli e delle comunità. E in essi ha i suoi destinatari. Ogni volta che prendiamo parte alla Liturgia della Parola, siamo davanti a Cristo, giacché è Lui che parla quando si legge la Scrittura (cf. SC,7). L'omelia dunque riprende questo dialogo già aperto fra Dio e il Suo popolo, affinché esso trovi compimento nella vita. Ma, si sa, ogni omelia provoca reazioni differenti nell'uditorio. C'è chi è ben disposto e riesce a cogliere qualcosa. Chi invece, per pregiudizio o per via di un limite del predicatore, si distrae, o addirittura è in totale disaccordo con quanto viene detto. A Gesù è accaduto proprio questo.

C'è una duplice reazione alle Sue parole: prima esse suscitano interesse e entusiasmo. E potremmo concludere che la prima predicazione di Gesù è stata un successo.

Ma nel racconto c'è una svolta improvvisa.

Si fa riferimento a Giuseppe, padre di Gesù, da tutti conosciuto come uomo giusto, osservante della tradizione. Nella cultura ebraica definire la persona come figlia di qualcuno, equivale a indicare la sua perfetta somiglianza col genitore: Gesù deve dare continuità ai valori incarnati dal padre, ai valori tradizionali. Ma Gesù si stacca da questa linea, e questo inizia ad apparire molto strano agli occhi della sua gente. Egli nel passo che ha letto, si è limitato a leggere solo un versetto in cui si parla di un tempo di grazia, escludendo i versetti successivi in cui si parla di una vendetta di Dio per coloro che non seguono la Legge. Gesù annuncia che l'amore di Dio non è solo per il popolo eletto, ma è per tutti. Ciò per i nazaretani è veramente troppo. E sono sorpresi che il figlio del giusto Giuseppe possa dire una cosa simile. E allora la testimonianza di cui ci parla l'evangelista acquista pian piano valore negativo: è una testimonianza contro Gesù.

Questi conterranei di Gesù ben rappresentano l'animo umano che, di fronte a una novità, ha la naturale reazione del rifiuto. E in fondo, anche noi, quando una persona cerca di correggerci, tendiamo a chiuderci, perché in fondo riteniamo che chi ci consiglia non è poi tanto migliore di noi.

Gesù conosce i cuori di quelle persone e cita un proverbio: "Medico cura te stesso". E da queste parole esploderà un conflitto.

Per credere c'è bisogno di segni, e Gesù a Cafarnao ne ha fatti diversi. Sarebbe bastato qualche favore ai suoi paesani e quelli gli avrebbero certamente creduto. La tentazione dei segni per Gesù sarà molto ricorrente. Ma Lui non è un uomo in carriera: non elargisce favori per coinvolgersi nelle aspettative delle persone. Gesù è davvero segno di contraddizione (cf. Lc 2, 35).

Egli troverà spazio in città straniere e con gente non ebrea, che però mostrerà una fede mai vista in Israele.

E si aggancia alla Scrittura che attesta questo per altri due profeti: Elia ed Eliseo. Il primo è stato accolto da una povera vedova a Sarepta. Il profeta non farà mancare lei farina e olio (che le dovevano servire per il suo ultimo pasto) e farà tornare in vita suo figlio. Eliseo invece cura dalla lebbra Naaman, comandante dell'esercito di Damasco, che non adorava il Dio di Israele, e che lo conosceva solo per sentito dire.

Gesù incontra fede in coloro che apparentemente sono più lontani. Noi, a volte, sembriamo esserci abituati a Cristo e il vero tesoro che Egli nasconde ci è rivelato grazie a chi accoglie la grazia come vero dono, pur sembrandoci totalmente estraneo alle nostre logiche.

Lo sdegno verso Gesù raggiunge il suo apice quando lo cacciano fuori e cercano di buttarlo giù da un precipizio. Ma Egli, con calma sovrana, se ne va. Luca non vuole invitarci a leggere letteralmente questa scena: Gesù né scappa né si divincola da una folla inferocita che vuole ucciderlo.

Essere buttato giù e passare in mezzo alla gente è segno di morte e risurrezione. L'evangelista riassume già da ora il mistero pasquale. 

Ciò che è accaduto a Nazareth è ciò che accade nella mia storia: anche io butto fuori Gesù dalla mia vita, volendolo precipitare dall'alto monte delle mie convinzioni. Ma questo episodio mi spinge a una fede coerente.

Gesù è profeta a caro prezzo. Anch'io, nel giorno del mio Battesimo, sono stato reso partecipe della dimensione profetica. Essere profeti è parlare a nome di Dio. E spesso costa caro. Gesù è stato un "evangelizzatore mancato" a Nazareth. Ma ha mantenuto la barra dritta, continuando per la sua strada, indurendo il volto (cf. Lc 9, 51).

Devo annunciare Cristo, non ciò che piace a me. Il voler piacere a tutti e a tutti i costi annacqua la propria identità e fa perdere sapore. Il Signore ci tolga questa mania per darci di essere una presenza vera e significativa nella storia. Per renderci... profeti a caro prezzo.  

©Produzione riservata

Segui la nostra informazione anche su Facebook, su Twitter o unendoti al nostro canale WhatsApp