Reddito di cittadinanza, la doppia morale: al Sud un peso, al Nord un’opportunità?
di Ma.Go.
Da anni assistiamo a un paradosso che sfida ogni logica e coerenza: la Lega, partito che ha fatto della battaglia contro il Reddito di Cittadinanza una delle sue bandiere più combattive, ha contribuito in modo decisivo allo smantellamento di questo sostegno fondamentale per migliaia di famiglie del Sud, presentandolo come un male da estirpare, un "assistenzialismo" che avrebbe solo incentivato la pigrizia e il rifiuto del lavoro. Oggi ci troviamo davanti a un fenomeno che rasenta l'assurdo, una clamorosa contraddizione che merita di essere scandagliata con attenzione: la stessa Lega, con i suoi uomini e donne di governo, approva in Veneto un provvedimento che, con un nome diverso ma con identica sostanza, riconsegna ai disoccupati un sussidio mensile fino a 700 euro, finanziato con 70 milioni di euro provenienti dal Fondo Sociale Europeo, e tutto questo con la semplice richiesta di iscriversi al Centro per l'Impiego e partecipare a un webinar di orientamento.
Cari lettori, vi pare possibile che quello che al Sud è stato demonizzato come "parassitismo" diventi al Nord sinonimo di "inclusione sociale"? Come spiegare questa palese doppia morale? È davvero accettabile che lo Stato, con il suo peso e la sua responsabilità, decida di togliere un aiuto a chi vive nel Mezzogiorno, spingendo molti a emigrare, mentre altrove – nel Nord ricco e produttivo – si decide invece di finanziare la stessa misura per mantenere chi è senza lavoro? Stiamo assistendo a una strategia politica chiara, studiata e mirata a svuotare il Sud delle sue energie migliori per alimentare la crescita del Nord?
Si tratta solo di incoerenza, di una vera e propria ingegneria sociale che sancisce un messaggio fin troppo evidente: "Giovani, venite al Nord, qui non solo troverete più opportunità, ma qui vi manteniamo anche nell'attesa". È questo l'appello che arriva da una politica miope e divisiva, che invece di lavorare per un'Italia unita, si limita a costruire un Paese spezzato in due, dove il Sud diventa terra di nessuno e il Nord il regno delle possibilità.
Come possiamo accettare che in questa operazione si inseriscano pure bonus e incentivi per chi, insegnanti compresi, decide di trasferirsi al Nord, contribuendo a un progressivo svuotamento delle scuole meridionali e dei servizi essenziali? È questa la visione di una nazione che vuole veramente uscire dal baratro delle disuguaglianze, è invece la conferma di un modello che punta a consolidare uno squilibrio storico e ingiusto?
Noi, al Sud, possiamo più chiudere gli occhi davanti a questa realtà. Si tratta più solo di numeri o statistiche, ma di vite spezzate, di famiglie costrette a scegliere tra la fuga e la sopravvivenza. È questa la "politica del lavoro" che vogliamo? Vogliamo invece pretendere un progetto serio, coraggioso, che ponga finalmente al centro la rinascita del Mezzogiorno, che valorizzi le sue risorse, la sua cultura, il suo capitale umano?
L'Italia è a un bivio. Può continuare a dividersi, lasciando il Sud a soccombere e il Nord a prosperare, può scegliere di cambiare strada, di costruire un futuro più equo e solidale per tutti i suoi cittadini. Per farlo, serve una volontà politica che oggi, francamente, sembra del tutto assente.
Voi lettori, che ne pensate? È giusto accettare questa disparità, questa ingiustizia che si perpetua? Oppure è arrivato il momento di alzare la voce, di pretendere risposte e soluzioni concrete, che siano solo slogan o annunci, azioni reali per il bene di tutto il Paese?
Noi continueremo a raccontare questa storia, a denunciare ogni contraddizione, a portare avanti la voce del Sud, perché solo così potremo sperare di cambiare davvero le cose.
