Ricci: "Consegno la città ai Santi Martiri con speranza e fiducia"

19.06.2021

Il tradizionale discorso del Sindaco di Venafro in occasione del Solenne Pontificale in cui ha consegnato simbolicamente ai Martiri le chiavi della città e i ceri della fede, è stata occasione per ricordare con affetto le vittime del virus.

Come ormai da storica tradizione, nella mattinata del 17 giugno, festa di San Nicandro, il Sindaco di Venafro, durante il Pontificale presieduto dal vescovo della Diocesi, ha consegnato ai santi Martiri, al termine di un discorso, simbolicamente, per le mani del Vescovo, le chiavi della città e i ceri della fede.  

E così anche quest'anno il Sindaco Alfredo Ricci, si è posto nel solco della storia, raccontando la sofferenza di una città profondamente provata dall'emergenza pandemica, ma piena di fiducia e animata da grande speranza.

"Eccellenza Reverendissima, - ha detto il SIndaco - le rivolgo un sentito benvenuto a Venafro in questa giornata tanto solenne per la nostra comunità, in cui specialmente ferventi sono le emozioni, il sentimento religioso e la devozione di ogni Venafrano.

Un saluto rivolgo alle Autorità Civili e Militari presenti, in particolare al sig. Prefetto, S.E. Gabriella Faramondi, oggi per la prima volta presente nella nostra Città, e che, però, ha già saputo cogliere l'importanza di queste giornate per tutti noi, come dimostrato nei giorni scorsi con la fattiva vicinanza nell'individuazione delle migliori forme per consentire la manifestazione della nostra devozione pur nel necessario diverso contesto di prudenza.

Saluto i concelebranti, a partire dai Parroci di Venafro e delle Frazioni, che garantiscono sempre vicinanza, conforto, attenzione alla nostra comunità, e che costituiscono per tutti noi, e anche per me nell'espletamento del mio mandato, un costante riferimento a cui attingere esperienze e suggerimenti.

Un caro saluto va al Rettore di questa Basilica, Padre Guardiano del convento, che per la prima volta vive con noi queste giornate, e, con lui, ai Padri Cappuccini, tutti attenti custodi e animatori della devozione dei Venafrani verso i Santi Martiri.

Saluto tutti i concittadini, che partecipano a questo solenne momento di comunione, e di cui proverò a interpretare su questo altare le ansie, le preoccupazioni, le aspirazioni.

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ANTONIO, VINCENZO, ANNINA, VINCENZO, DARIA: voglio iniziare oggi ricordando i nostri concittadini che in questo anno ci hanno lasciato a causa del COVID. I loro volti, i loro sorrisi, le loro esperienze umane, come anche le immagini delle modalità diverse dell'estremo saluto, restano impressi in ognuno di noi.

Mentre li ricordo in questa giornata, in cui peraltro alcuni di loro non mancavano mai, e ancora una volta abbraccio sentitamente i loro familiari, con loro voglio rivolgere un pensiero a tutti quei Venafrani che in questo anno si sono trovati ad affrontare l'esperienza drammatica della positività al COVID. Ogni volta che li incontro, mi tornano alla mente le telefonate, i messaggi, le conversazioni di quei giorni terribili, soprattutto nel periodo in cui la tensione è stata maggiore, mi riferisco all'ultima parte dello scorso anno. La persona a cui per la prima volta ho dovuto comunicare io la positività, e non sono un medico che possa dare le necessarie istruzioni in quei momenti, ma da allora ho capito che sarebbe andata così per un po' di tempo; la mamma che si è ritrovata lei positiva con due bambini piccoli positivi e il marito negativo, e così per due mesi sono stati chiusi in casa; la mamma del bambino diversamente abile, entrambi positivi, soli e privi di familiari che potessero aiutarli; i tanti che non riuscivano a effettuare i tamponi di controllo, e abbiamo aiutato tutti grazie alla collaborazione diretta con il dipartimento prevenzione dell'ASREM; il positivo che in una notte si è aggravato e, dopo avere battagliato per una giornata intera tra le insopportabili pastoie burocratiche, siamo riusciti a far trasportare in ospedale dove alla fine si è potuto salvare: sono soltanto alcune tra le tante esperienze, tutte purtroppo divenute a un cero punto ordinarie, che abbiamo vissuto in questo anno. Con tutti abbiamo cercato insieme di affrontare ogni situazione, provando a essere lo scoglio a cui questi nostri concittadini potessero aggrapparsi in quella tempesta, in cui tutto sembrava rischiare di essere perduto. Con tutti loro ancora adesso, quando ci incontriamo, ci guardiamo negli occhi con quella intensità che è l'unica consentita dalle norme sul distanziamento sociale e così, anche senza parlare, ci diciamo tutto, spesso con un forte senso di emozione. Da parte mia resterà sempre uno speciale legame con ciascuno di loro.

Più in generale, abbiamo vissuto sul territorio, come Sindaco e Amministrazione, ma come parroci e padri cappuccini, come forze dell'ordine (che voglio ringraziare ancora una volta per il lavoro instancabile svolto), come medici e sanitari, come insegnanti, come cittadini semplicemente impegnati nel lavoro e nel sociale, situazioni impensabili in cui ognuno di noi ha anche cercato di sopperire ad altrui problematiche organizzative, in alcuni casi endemiche, in altri meno. Dal canto nostro abbiamo cercato di fare tutto il possibile, talora riuscendoci, talaltra forse risultando inadeguati e imperfetti, e me ne scuso, ma ci abbiamo messo sempre il cuore, la testa e il massimo impegno, perché era giusto, era doveroso, era sentito farlo. E il cuore di ognuno di noi si è gonfiato di gioia ogni volta che abbiamo ricevuto quella telefonata con cui il concittadino positivo ci comunicava con entusiasmo di essersi finalmente negativizzato.

Abbiamo cercato di dare ulteriore supporto alla nostra comunità nella diversa normalità che si andava affermando.

Abbiamo puntato fortemente sulla SCUOLA, impegnandoci fattivamente per garantire buone condizioni di sicurezza che consentissero di tenere quanto più possibile i nostri bambini e ragazzi in presenza, evitando scorciatoie di facile impatto mediatico, ma scarso risultato formativo. Siamo stati convintamente tra i Comuni molisani che hanno chiuso di meno. Ogni decisione presa sulla scuola, e vi assicuro che non è stato semplice, è stata il punto di arrivo di un confronto franco e profondo con tutti gli altri attori della comunità scolastica, che voglio ancora una volta ringraziare per il decisivo apporto che non hanno mai fatto mancare.

Ci siamo concentrati sulle categorie sociali più FRAGILI, sul sostegno a coloro che già prima della pandemia erano in difficoltà e a quelli che ora hanno ulteriormente rischiato di restare indietro.

Abbiamo toccato con mano le prime difficoltà dei nostri OPERATORI ECONOMICI, e non c'è pagina di giornale che possa rendere l'idea di cosa significhi vedere un lavoratore, piangere perché la pandemia ha spiazzato la sua intraprendenza e voglia di fare e gli ha tolto la fiducia nel futuro.

Abbiamo così provato a ingegnarci, inventandoci misure comunali di sostegno economico, che, in una logica di trasparenza e legalità, dessero un segnale di vicinanza fattiva anche del Comune, soprattutto in un momento in cui i segnali da parte delle altre Istituzioni non sempre erano chiari in questo senso.

Abbiamo cercato di attuare nella nostra piccola realtà comunale l'insegnamento che ci è venuto dall'esperienza della pandemia, quello di una nuova centralità dell'UOMO e della consapevolezza che la SCIENZA va accompagnata con l'AMORE, a cui anche lei, Eccellenza, faceva riferimento ieri sera nella sua meditazione citando Paolo ("L'Amore non avrà mai fine"); SCIENTIA e CARITAS, come ci ha ricordato in questo periodo anche il Papa Emerito Benedetto XVI, sono un binomio inscindibile, perché bisogna conoscere, quindi curare, ma nel contempo anche avere la giusta attenzione ai più deboli e alle tante ferite che questa pandemia ha creato, molte delle quali neanche ancora emergono.

E questi concetti devono costituire il faro in questo difficile periodo di ripartenza che stiamo vivendo e anelando.

Dopo un anno di pandemia, per usare le parole pronunciate da Papa Francesco un anno dopo la sua storica meditazione del 28 marzo 2020, diciamo: "Eravamo scioccati, ora siamo provati, e la crisi economica è diventata pesante".

L'affidamento che la Città di Venafro, per bocca del suo Sindaco, fa ai Santi Martiri in questo 17 giugno 2021 vuole essere all'insegna della SPERANZA e della FIDUCIA.

La SPERANZA è prima di tutto dei nostri GIOVANI, di cui purtroppo in questo anno e ancora in questi giorni sembra che ogni tanto si parli a sproposito, dimenticando quanto complesso sia il loro mondo. Si evidenzia qualche mancanza in alcuni comportamenti tenuti e si sottovalutano invece le tante mancanze che hanno dovuto subire, dai limiti alla possibilità nell'aggregazione sociale, e noi sappiamo bene che a quell'età gli anni persi non torneranno, fino alle difficoltà nell'inserirsi nel mondo del lavoro, in un contesto che già prima della pandemia era incerto e che ora è ancora più carico di insicurezze. A questi giovani dobbiamo nutrire la SPERANZA, ma anche dare FIDUCIA; nei loro confronti abbiamo il dovere di dare risposte subito, perché hanno perso già troppo tempo a causa della pandemia.

La SPERANZA è poi quella delle nostre FAMIGLIE, che durante la pandemia hanno avuto un ruolo essenziale per mostrare ai più piccoli con gesti quotidiani come affrontare la crisi riadattando le proprie abitudini, o ancora per garantire un'assistenza ai nostri anziani. Quanto è stato essenziale il ruolo delle famiglie per ammortizzare gli urti di un sistema impreparato a dare i dovuti sostegni nell'emergenza, e quante difficoltà hanno incontrato queste famiglie, in particolare quelle monoreddito, quelle monogenitoriali, quelle con diversamente abili a casa, quelle prive del supporto di nonni e zii. Senza la rete centrale e naturale delle famiglie non saremmo andati da nessuna parte. È arrivato il momento che queste famiglie siano sostenute e accompagnate nel difficile compito educativo e sociale che hanno e nella difficoltà di coniugare lavoro e figli, e di questo le Istituzioni non possono continuare a disinteressarsi. In un'ottica di piena sussidiarietà, i Comuni in collaborazione con i soggetti del terzo settore, essendo più vicini alle esigenze del territorio, devono essere il fulcro su cui puntare per dare risposte concrete ed effettive alle famiglie, ma bisogna crederci ai livelli istituzionali superiori e trovare misure adeguate, prima di tutto di carattere economico, per restituire alle famiglie anche la giusta FIDUCIA nel proprio ruolo di cellula naturale ed essenziale della società.

La SPERANZA è quella dei nostri operatori economici e lavoratori in genere, che soffrono sempre di più le incertezze del momento e soprattutto del futuro.

A tutti i lavoratori abbiamo il dovere di dimostrare che il tema del Molise che esiste non è una discussione teorica o semantica sui media o sui social, ma è un obiettivo preciso a cui lavorare.

Quale Molise esiste e soprattutto esisterà dipende da quello che noi vogliamo e sappiamo fare, come Istituzioni, come corpi sociali, come cittadini di questa stupenda e dinamica Regione.

E, mi sia consentito, non credo che la soluzione sia abdicare all'autonomia di questa Regione e della sua gente, perché il segreto della nostra terra risiede nel suo territorio, nella sua cultura, nell'identità del suo popolo, che non possono essere annacquati in nome dei numeri, pena la perdita di ogni orizzonte.

È difficile, lo sappiamo, ma la classe dirigente, davanti ai problemi più difficili, propone e trova soluzioni, non scappa o cerca scorciatoie.

E allora lavoriamo tutti insieme per dare un futuro ai nostri giovani, alle nostre famiglie, alle nostre aziende e ai loro lavoratori, magari con meno polemiche inutili e più unità, con proposte costruttive e fatti concreti piuttosto che livore e like su facebook.

Lavoriamo per dare ai nostri cittadini un diritto alla salute degno di questo nome, perché non siamo cittadini di serie B. Non lo sono i cittadini del Molise, non lo sono i cittadini di questa Provincia e di questa Città, che non accettano di continuare a trovarsi sempre messi da parte nella tutela del proprio diritto alla salute, anche coniugato con i valori di uno sviluppo ecosostenibile. La pandemia dovrebbe avere insegnato che i numeri non danno il senso della realtà e che non può prescindersi da una sanità pubblica di qualità da rilanciare, e non massacrare.

La pandemia dovrebbe averci insegnato quali siano le reali priorità, e non possiamo smarrire questo insegnamento, lo dobbiamo a tutti i nostri concittadini che non ce l'hanno fatta.

Per questo e con questo spirito mi appresto ora a consegnare ai nostri Santi Patroni, attraverso le mani di Sua Eccellenza, le chiavi della Città e i ceri, a rappresentare come la devozione dei Venafrani verso i Santi Martiri si traduca in totale appartenenza e affidamento alla loro protezione in questo tempo di speranza e fiducia che stiamo vivendo, che, peraltro, ieri sera è stato asperso con il buon auspicio della manna, che mancava da 7 anni.

I Martiri, anche etimologicamente, sono testimoni, sono coloro che riescono a guardare oltre il momento e con la loro morte in realtà vincono la vita. E i Venafrani, che credono che i riti di questi giorni non siano una mera tradizione, ma segnino ogni volta l'occasione di una ripartenza, in questo tempo difficile ma denso di speranza e fiducia vivono l'esempio dei Santi Martiri come una speciale occasione per guardare oltre e non arrendersi.

Viva Venafro! Viva i Santi Martiri!"

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