San Giuseppe: fuochi e piatti tipici a Morrone del Sannio e Ripabottoni
Mariarosaria Di Renzo
Una tradizione che si ripete da anni, ma ogni volta è come se fosse la prima! Un delizioso profumo di pasta fritta invade i vicoli di Morrone del Sannio nei quattro giorni antecedenti il 19 marzo, festa di san Giuseppe.
Il paese dista circa 30 chilometri da Campobasso e conta circa 500 abitanti. È situato a oltre 800 metri sul livello del mare. Un comune attrattivo da punto di vista paesaggistico: a monte del paese si scorgono sia il massiccio del Matese che le Mainarde e, nelle giornate limpide, anche le isole Tremiti.
Quest'anno ho avuto il piacere di partecipare, incuriosita dal racconto dell'amico morronese Gabriele Alfieri.
Alcuni giorni prima della festa, da moltissimi anni, si porta avanti la tradizione delle "scrippelle", le frittelle di pane preparate da tre famiglie del posto, una delle quali, quella di Giuseppe Buonviaggio, ritorna in paese proprio per questa occasione. L'impasto di farina, acqua, lievito e sale viene preparato nel locale forno e, dopo ore di lievitazione, viene distribuito alle famiglie. Questa usanza è molto antica ed è menzionata pure da Francesco Jovine nelle "Terre del Sacramento".
Un'abitazione si trova nella zona più alta del paese, sul portale è riportata la data del 1895. La proprietaria è deceduta, ma i parenti continuano l'usanza. Una casa antica, con una scala ripida, molto accogliente, dove almeno quindici donne, tra cui Elisa Colasurdo, sono intente a lavorare la pasta lievitata e ne ricavano una sorta di serpenti lunghi circa 30 cm. Questi vengono fritti in grosse padelle colme di olio extravergine d'oliva. Poi disposti nella madia a scolare, per essere distribuiti alle persone che numerose si recano a ritirare il pacchetto, salutando con un "Gesù Maria", alla cui invocazione le signore rispondono "Oggi e sempre". Le famiglie Buonviaggio e Angelina Colasurdo, invece, si trovano a valle dell'abitato.
Il giorno precedente alla festività del santo, il paese è in fermento per la raccolta della legna che servirà per i fuochi e per la preparazione di un'altra pietanza tipica, costituita da una zuppa di legumi. Al mattino fagioli e ceci cuociono, insieme a fave e cicerchie, nelle pignate in terracotta. Alla sera verranno conditi con olio crudo e posti in ciotoline per essere distribuiti, unitamente a profumato pane, alle persone che sostano davanti ai fuochi. Il tutto sarà corroborato da un buon bicchiere di vino.
Per la festività del 19, si preparano pure i bucatini con la mollica, noci, buccia d'arancia e la pasta "maritata", ovvero tagliolini all'uovo cotti nella "chettora", (pentola in rame) e conditi con olio extravergine e cipollotto fresco. A questo particolare piatto si aggiunge un dolce altrettanto originale, confezionato con radici selvatiche dal gusto simile al finocchietto, che vengono raccolte circa quindici giorni prima della festa. Queste radici vengono lavate, lessate, poi si aggiungono aceto e miele e vengono servite insieme ai bucatini, dopo la messa mattutina.
Attualmente vengono allestiti una decina di fuochi, molto meno rispetto ai tempi antichi, quando il paese contava più abitanti. Ora quasi metà della popolazione vive in campagna, ma si reca in paese e partecipa attivamente in occasioni come la festa di San Giuseppe.
Oltre a Morrone, i fuochi di san Giuseppe si allestiscono anche a Ripabottoni, paesino limitrofo, dove è parroco don Gabriele Tamilia. Il sacerdote, che serve anche la comunità di Morrone, mi ha raccontato che sono circa dieci le famiglie che organizzano il fuoco davanti alla propria abitazione. Attendono l'arrivo del parroco per la benedizione e poi si trasferiscono nella sede della pro-loco per un momento di aggregazione e convivialità. Vengono servite alcune pietanze a base di verdure e pasta con la mollica.
È importante impegnarsi per non far morire gli usi che rappresentano la storia delle piccole comunità molisane, ognuna caratterizzata da tradizioni particolari e che affondano le radici in tempi lontanissimi.
