“Seconda stella a destra” verso “L’isola che forse c’è”: il coraggio di crescere senza smettere di sognare
Straordinario successo degli studenti del "Savoia Benincasa" al Teatro delle Muse di Ancona
di Paolo Scarabeo
"C'è una linea sottile tra il sogno e il diventare grandi, tra il gioco e la responsabilità, tra l'isola che non c'è e quella che – forse – c'è". Ha introdotto così la serata la Dirigente Scolastica dell'Istituto di Istruzione Superiore "Savoia Benincasa" di Ancona, Maria Alessandra Bertini, dando il benvenuto al pubblico, trasformando un saluto istituzionale in un autentico invito al viaggio, "cercando ciascuno la propria stella". E il viaggio c'è stato, eccome! È proprio su quella linea che si è mossa, con passo leggero ma deciso, la straordinaria macchina scenica del Global Theatre "Savoia Benincasa", che ieri sera ha incantato il pubblico del Teatro delle Muse di Ancona con uno spettacolo fuori dal tempo, ma profondamente dentro l'anima: "Seconda stella a destra".
In scena non c'erano solo ragazzi. C'era un'idea. C'era un'urgenza. C'era quella domanda che prima o poi ci raggiunge tutti: si può vivere senza sognare? E, soprattutto, cosa significa davvero diventare grandi?
Alla regia Caterina Grisanti, che da anni tesse con cura le trame del teatro scolastico, credendo in un'arte che educa senza catechizzare, che libera anziché incasellare. Insieme a un team di docenti appassionati, ha costruito un laboratorio che non è solo un progetto extracurricolare, ma un'esperienza esistenziale per gli studenti.
Non un musical, non una commedia, non una tragedia. Piuttosto, un mosaico di immagini, suggestioni, dialoghi interiori, scontri generazionali. Quelle stesse tensioni che gli studenti vivono ogni giorno: a scuola, a casa, dentro di sé. Un racconto fatto di ironie taglienti e carezze inaspettate. Una drammaturgia collettiva, scritta a più mani dagli stessi protagonisti, in cui ogni gesto, ogni parola, ogni silenzio raccontava il tumulto e la bellezza dell'età di mezzo.
Il palcoscenico si è trasformato in un "mare in tempesta", in aule scolastiche, in un parco giochi abbandonato, in un labirinto... in un'isola utopica da cercare con tenacia, in cui il sogno di Pietro, il protagonista, "nato da un tema strappato", è diventato il sogno di tutti. I personaggi – frammenti di ciascuno di noi – hanno attraversato le piccole e grandi crisi dell'adolescenza, restituendo al pubblico non una morale, ma una possibilità: quella di crescere restando fedeli ai propri sogni.
Ben 88 i giovani coinvolti, di cui 51 in scena. Numeri importanti, ma mai dispersivi. Ognuno aveva un posto, un ruolo, una voce. E anche chi restava in silenzio parlava con gli occhi, con il corpo, con la presenza. Con la potenza del ballo, della musica e con quella vitalità che vive nella vita dei ragazzi. Si respirava energia pura, quella che solo i giovani sanno sprigionare quando credono davvero in ciò che fanno. Ma anche disciplina, lavoro, fatica. Lo si percepiva nei movimenti armonizzati, nei cambi scena fluidi, nei cori collettivi capaci di evocare mondi e memorie. Un lavoro lungo, fatto di mesi di prove, incertezze, entusiasmo, trasformati nella magia di una serata memorabile.
Il cuore dello spettacolo ruotava attorno a un paradosso: come diventare grandi senza perdere la capacità di sognare? La risposta non è teorica, ma vissuta: sul palco si è parlato di paure, solitudini, aspettative sociali, amicizie, amori fragili, desideri confusi. Ma anche di resistenza, di risate liberatorie, di domande che non cercano risposte, ma ascolto.
L'isola non è solo un luogo immaginario. È uno spazio dell'anima, un territorio interiore dove ogni adolescente cerca un approdo. E lo trova – forse – non nella certezza, ma nel viaggio stesso. "È il viaggio che fa crescere ciascuno", ha detto una voce fuori campo. In quel momento, il teatro ha smesso di essere finzione per diventare verità condivisa.
E allora, sì: si può vivere senza sognare? Forse. Ma a quale prezzo? Lo spettacolo del Global Theatre ci ricorda che crescere non significa spegnere la fantasia, ma trovare il coraggio di traghettarla nel mondo degli adulti. Perché l'isola che forse c'è, dopotutto, non è poi così lontana. Basta avere il cuore aperto e il vento giusto per salpare.
Il pubblico ha seguito con attenzione e commozione, lasciandosi coinvolgere dalla sincerità dei giovani interpreti. Nessun orpello, nessun artificio: solo verità, energia, immaginazione. E un pizzico di quella magia che solo il teatro sa regalare.
Parole di vivo apprezzamento sono state espresse anche dall'Assessore alla Cultura del Comune di Ancona, Antonella Andreoli, che ha sottolineato l'importanza del teatro nella formazione degli studenti e ha voluto ricordare con emozione gli anni trascorsi tra i banchi del "Savoia Benincasa".

