Sentenza sessista: la corte di Strasburgo condanna l’Italia

01.06.2021

di Deborah Ciccone

La Corte europea dei diritti dell'uomo condanna l'Italia per la violazione dei diritti di una ragazza, presunta vittima di stupro, al risarcimento per danni morali quantificato in euro 12 mila.

Il fatto in questione risale al 2015 quando, la Corte d'Appello di Firenze, aveva assolto sette giovani accusati di violenza sessuale di gruppo. Secondo l'accusa i ragazzi, tutti tra i 20 e i 25 anni all'epoca dei fatti, avevano abusato di una ragazza il 26 luglio 2008.

In primo grado sei di loro erano stati condannati ma in appello furono tutti assolti.

La ragazza, seguita dalle avvocate Sara Menichetti e Titti Carrano, nel 2016 aveva presentato ricorso, accusando le autorità nazionali di non aver "tutelato il suo diritto al rispetto della vita privata e la sua integrità personale".

Appellandosi alla Corte di Strasburgo la giovane aveva denunciato discriminazioni pregiudizi sessisti durante il procedimento penale.

La Corte europea dei diritti dell'uomo accoglie il ricorso e sottolinea che, in alcuni passaggi delle quattro pagine di motivazione della sentenza, le autorità "hanno omesso di proteggere la ragazza dalla vittimizzazione secondaria".

Ritiene ingiustificati "riferimenti fatti alla lingerie rossa 'mostrata' dalla ragazza durante la serata e le osservazioni rispetto alla bisessualità, alle relazioni, al rapporto sessuale sentimentale e occasionale" della ragazza prima del fatto.

Inoltre, i giudizi sulla scelta della vittima di denunciare la presunta violenza, che secondo la Corte d'Appello sarebbe "scaturita dalla volontà di 'stigmatizzare' un suo stesso momento di fragilità e debolezza", e il riferimento alla sua "vita non lineare", sono da considerare "deplorevoli e irrilevanti".

Insomma, sono osservazioni, linguaggi e argomenti, quelli utilizzati nella sentenza che, secondo i giudici, "trasmettono pregiudizi sul ruolo della donna che esistono nella società italiana" rischiando quindi di "ostacolare una protezione efficace dei diritti delle vittime di violenza".

Per Antonella Veltri, presidente dell'associazione Donne in Rete contro la violenza, "è una sentenza importantissima perché stigmatizza la delegittimazione delle vittime di stupro, ritenute corresponsabili delle violenze subite in base a valutazioni legate alla loro vita privata, che continuano ad essere usate per motivare sentenze condiscendenti verso gli autori delle violenze, nonostante ciò sia vietato da norme nazionali ed internazionali."

Secondo la corte le autorità dovrebbero "evitare di riprodurre stereotipi sessisti nelle decisioni dei tribunali" in quanto l'azione penale e le sanzioni, in particolare "svolgono un ruolo cruciale sia nella risposta istituzionale alla violenza sia nella lotta alla disuguaglianza di genere". Bisogna evitare di esporre le donne alla "vittimizzazione secondaria" con "parole colpevoli e moralistiche" che rischiano di "scoraggiare la fiducia delle vittime nella giustizia".

Riteniamo sia una sentenza importante quella emessa a Strasburgo, che ancora una volta ci "rimprovera" e ci mette in guardia rispetto ad un retaggio culturale ancora molto forte e radicato che esiste, purtroppo, anche nelle aule dei tribunali.

Nessuna lingerie, nessun comportamento, nessuna parola, nessuna abitudine, niente, giustifica la violenza. Fa rabbia doverlo ribadire ma è ancora necessario perché fino a quando questo concetto non sarà chiaro dentro e fuori dalle aule di giustizia, fino a quando si cercheranno nella vittima le motivazioni della violenza, fino a quando i carnefici "avranno sbagliato ma...", le vittime, saranno vittime due volte. 

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