Socrate di Atene e la scoperta dei luoghi della verità

22.04.2022

di Egidio Cappello

Socrate rappresenta un momento determinante dello sviluppo della cultura filosofica che abbiamo visto sorgere sulle spiagge di Mileto e raggiungere Atene, la capitale della cultura. Protagora aveva suggerito che il fondamento di tutte le cose era nell'uomo, nelle capacità razionali dell'uomo, per cui all'uomo era affidata la valutazione di tutti i valori, di tutti i beni e dei giudizi relativi alla vita sociale e comunitaria. E Gorgia aveva sostenuto il potere della ragione, il potere della ragione di dimostrare la verità di una idea e del suo contrario. Socrate guarda e studia più attentamente l'uomo. Vuole sapere di più dell'uomo, delle sue capacità intellettive, della sua vita sociale e relazionale, vuole raggiungere i meandri più profondi dell'animo umano.

Socrate è convinto che nella interiorità dell'uomo c'è l'anima, c'è il luogo della verità, luogo che ognuno può raggiungere con i propri strumenti intellettivi. È interessante come il filosofo interpreti e attui l'insegnamento coerentemente con la predetta convinzione. Egli è un maestro che sa di non sapere, ma che vuole sapere. Riconoscere la propria ignoranza è predisporsi a cercare, a riflettere, a creare. Il saccente che pensa di sapere tutto, difficilmente consegue la verità. Sapere di non sapere, egli dice, è una condizione importante perché permette di non trasmettere nozioni già fritte, ma lascia costruire la verità, lascia che gli interlocutori siano creativi e raggiungano la verità che è in loro stessi. Nella mente umana c'è una intelligenza che non deriva dall'esperienza sensibile, una intelligenza che immette nella dimensione della universalità e della unitarietà.

Ormai il distacco dalla natura è pienamente compiuto: l'interesse fondamentale del discorso filosofico è l'individuazione di tutte le risorse della mente umana. La scoperta del concetto, attribuita a Socrate, vuole essere la scoperta della facoltà della mente umana di raggiungere conoscenze oggettive sia del mondo naturale che di quello umano. Il mondo studiato dai filosofi non è libero da legami imposti dalla natura, ove domina il principio della meccanicità e dell'ordine conseguenziale; il mondo di Socrate è predisposto a precise finalità, non è caotico, non è meccanico e procede verso idealità buone e giuste. La mente si inserisce in questo quadro di generale progressione verso il bene, attraverso il proprio lavoro culturale e la propria ricerca. Non è dato a tutti compiere tale cammino: la distrazione operata dalle trame della quotidianità molto spesso impedisce l'accoglienza della universalità dei concetti. Socrate è faticosamente impegnato in tale direzione; egli vive questolavoro nella concretezza dei rapporti con i suoi familiari, coi suoi amici, coi suoi discepoli ai quali insegna a costruire la verità, passeggiando per strada, intrattenendosi con loro, discutendo con loro. Il dialogo è lo strumento per essere pellegrini verso la verità, per conseguire la conoscenza della verità, dialogo non ridotto a trasmissione di punti di vista, ma elevato a creazione di idee oggettive, idee universali, idee condivise.

L'uomo è un laboratorio di verità in quanto possiede una intelligenza divina che dà la propria impronta agli atteggiamenti e alle scelte che distinguono l'operato quotidiano. C'è un legame molto stretto tra la dimensione del pensare e quella del fare. L'uomo ha la facoltà di discernere, di riflettere, di ricordare, di ripensare, ha la coscienza della propria storia, ha il potere interiore (una sorta di voce che interviene nei momenti più opportuni) di dire no alle proprie iniziative e ai propri propositi. L'intelligenza dell'uomo è la facoltà giusta per conoscere se stessi perché solo passando per se stessi si raggiunge la pienezza della vita umana. Il tempio greco avvisava il viandante ad entrare in se stesso per la scoperta piena della verità. Socrate esplicita che il cammino interiore non porta a conoscenze soggettive bensì oggettive e universali. La ragione umana è tendenza alla unità, una unità che va oltre, che supera i limiti della città, i limiti del luogo e del tempo. Nella lotta tra i bisogni del soggetto e quelli della comunità sono questi ultimi a prevalere.

Quando, nel 399 a.C., Socrate viene incarcerato e condannato a morte con l'accusa di ateismo e di empietà, e gli viene offerta dagli amici, disposti a corrompere il carceriere, la possibilità della fuga in altra città, egli rifiuta con sdegno la proposta, in ossequio alle leggi della città che rappresentano,sempre e in ogni modo, la vita dell'essere sociale e sono meritevoli di rispetto. La devozione alle leggi fornisce a Socrate una serenità olimpica ma tale devozione è superata da una certezza superiore, vivere dopo la morte una condizione di beatitudine. La lezione che Socrate fa a Fedone sulla immortalità dell'anima è carica di un pathos insuperabile. L'immortalità dell'animaè ormai un capitolo essenziale del cammino filosofico, quello in cui la ragione incontra la trascendenza e inizia la sua navigazione nella dimensione della divinità-persona. La ragione trova nella trascendenza le giuste motivazioni a comprendere totalmente se stessa. L'accusa di ateismo e di empietà, che hanno portato Socrate alla morte, esprimono indirettamente l'esistenza della ragione che supera ogni limite, nello spazio e nel tempo. La divinità, secondo Socrate, non è un pezzo da recintare all'interno di mura cittadine, ma è una realtà che coinvolge i popoli più diversi e più lontani, che avvicina le realtà storiche più diverse e più lontane. La divinità è totalmente visibile nella intelligenza e nell'anima umana. Quanto abbiamo scritto su Socrate ci lascia nel dubbio: buona parte di quanto gli abbiamo attribuito ci deriva da notizie trasmesse da altri. Lo abbiamo penalizzato? Non lo sapremo mai.

©Produzione riservata

Segui la nostra informazione anche su Facebook, su Twitter o unendoti al nostro canale WhatsApp