Storia e memoria non sono la stessa cosa
di Giammarco Rossi
Confondere l'individuo, manipolare l'opinione pubblica e standardizzare il pensiero sono solo alcune delle pratiche più in uso che suole fare una determinata classe ai danni di altre. Non appena si instaura un sistema totalitario, ad esempio, la prima cosa che viene fatta è una minuziosa analisi su tutti i libri di storia, vengono filtrati tutti i fatti, spesso cancellati o riscritti. Questa operazione viene spesso etichettata come il riscrivere la storia, nulla di più falso chiaramente ma gli slogan hanno sempre fatto breccia nel cuore degli insicuri e nella mente degli stolti.
Ci sono differenze notevoli tra storia e memoria, eppure non tutti sono in grado di coglierli. Partiamo innanzitutto dal fatto che la storia è una scienza, la memoria no; la storia è un insieme di fatti messi insieme dallo storico, con lo scopo di fornire un'acuta analisi ed un'attenta ricostruzione degli eventi che hanno caratterizzato un determinato periodo, la memoria no.
Ma allora, cos'è questa memoria? Si abusa spesso di questa parola, abbiamo giornate della memoria ormai per ogni cosa e, nell'ipotetico intellettualismo di giornalisti e politici da talk-show, la memoria viene spacciata come una sacrosanta verità che non ammette mistificazioni e obiezioni. La memoria, va detto, è soggettiva, la natura della memoria è soggettiva, poiché nasce da un determinato ricordo che si ha di un determinato fatto storico. Per molti individui ad esempio, la Seconda guerra mondiale è un evento in cui molti Paesi, per diversi anni, hanno combattuto per determinati interessi; per altri invece è la perdita di un parente, di un bene, di un qualcosa. Le emozioni generate dalla memoria sono contrastanti dal momento in cui sono strettamente vincolate ai pensieri del pensante.
Sull'importanza della storia si potrebbero scrivere chilometri di pagine ma basti prendere in considerazione una sola piccola riflessione: oggi molti fanno dietrologia e sventolano la memoria spacciandola per storia. Capita dunque che oltre oceano si dica e si affermi con fermezza che furono le truppe yankee a liberare il campo di concentramento di Auschwitz, oppure che tutte le guerre combattute in nome di una fantomatica libertà siano giuste a priori. Chi parla di fatti attraverso la memoria ricorda eventi in base ad un singolare punto di vista e spesso cade nell'inganno del paragone. Se esiste una giornata che ricordi la liberazione dell'Italia dalle truppe tedesche è giusto che ne esista anche una che ricordi tutte le vittime della dittatura comunista che sterminò migliaia di italiani; si cerca una specie di giustizia, di riscatto socio-politico attraverso il ricordo, come se poi servisse realmente a qualcosa. Il tranello più semplice è scandito dai tempi dettati dai media: in tv, così come sui giornali e nelle radio, non si possono analizzare i fatti nella loro complessità, richiederebbe troppo tempo e soprattutto non suscitano interesse poiché l'individuo medio è abituato a non pensare: non vuole arrovellarsi le cervella con svariate riflessioni quando qualcuno invece, ben vestito e con una dizione perfetta, vomita sentenze e fatti senza intrecciarli nella loro complessità, ovvero senza farli scontrare con il reale.
La mistificazione della storia avviene su più fronti e da più parti, ognuno tira l'acqua al suo mulino, per dirla con parole semplici ed efficaci. Oggi si è arrivati ad un punto in cui la memoria viene spacciata per storia: se una maggioranza decide che una certa cosa non si può dire non verrà detta, state pur certi, poiché il controllo sociale è la forma più forte del potere. Lo storico resta dunque una figura che galleggia tra presente e passato, avvalendosi di fonti e fatti per raccontare quello che è accaduto, con qualche simpatia certo ma con l'impegno e l'obbligo morale di non trascurare nessun fatto, perché di pensieri manipolati e memorie rievocate all'unisono non si avverte poi tutto questo gran bisogno, mentre la storia che piaccia o no è lì, ferma, non a divinar responso ma al servizio dei cercatori di verità.
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