Tra Salvini, ponti, carrozze e "chierichetti". La lenta agonia del Molise
In Italia c'è un capoluogo di regione senza treni. Non da ieri, non per un mese di lavori, ma da cinque anni. Si chiama Campobasso. E sì, parliamo del Molise, quella regione che sembra esistere solo quando c'è da fare cabaret nei talk show o per qualche post ironico sui social.
Ma la verità è che qui, - come ha scritto in questi giorni il giornalista molisano Domenico Iannacone - mentre a Roma si tracciano ponti faraonici su fogli patinati, rischiamo davvero di scomparire dalla cartografia.
Mentre Salvini sogna il Ponte sullo Stretto – 13 miliardi di spesa, cantieri da fantascienza, attraversamento previsto (forse) nel 2033 – noi siamo fermi all'epoca delle diligenze. Campobasso è l'unico capoluogo d'Italia tagliato fuori dalla rete ferroviaria. Per andare a Roma o a Napoli? Autobus. Per il resto del Molise interno? Il nulla, esclusa la costa.
Nel 2017 ci avevano raccontato la favola dell'elettrificazione della Campobasso–Venafro. Doveva essere pronta in tre anni. I lavori sono partiti nel 2020, la stazione ha chiuso. Doveva riaprire nel 2023. Poi nel 2024. Poi nel 2025. Ora ci dicono: 2028. E intanto il conto è passato da 80 milioni a 400. In mezzo, ciliegina, il crollo di una galleria.
La Campobasso–Termoli? Chiusa per anni, riaperta nel 2020, richiusa nel 2023 per una frana. Quest'estate, stop ai treni Isernia–Roma per lavori nel Lazio. A settembre, chiusura pure per Isernia–Venafro. E il servizio sostitutivo? Pochi posti, mezzi vecchi e spesso in ritardo.
A questo punto bisogna chiederlo, guardandoli in faccia: parlamentari molisani, o eletti in Molise, europarlamentari con la bandierina della regione sul petto… dove siete mentre qui smontano rotaie e buttano via ogni possibilità di sviluppo? Come si può restare zitti davanti a uno scempio simile? Come si può fare i chierichetti alla corte di Salvini mentre la propria terra agonizza?
E invece no, il dibattito politico locale si accende per una legge che consentirà alle regioni sotto i 2 milioni di abitanti di aumentare di due unità la giunta. E siamo sicuri che il Molise non si farà pregare: più poltrone per tutti.
Ma i cittadini? Le loro esigenze? I giovani che scappano ogni anno? Non pervenuti.
Se il Molise muore, non sarà per un destino inevitabile. Sarà perché chi doveva difenderlo ha preferito inchinarsi a ordini di scuderia. Sarà perché qui si è scelto di fare i conti con il calendario elettorale, non con la realtà.
E quando il treno tornerà, forse, ad arrivare a Campobasso, temo che non ci sarà più nessuno ad aspettarlo in stazione. E allora sì, potremo dire che il Molise "non esiste". Ma non sarà stata una battuta: sarà il necrologio scritto dalla politica.
