"Un bambino del Centro-sud frequenta la scuola primaria 200 ore in meno rispetto ad un suo coetaneo del Centro-nord"

21.02.2023

La fotografia del rapporto Svimez: un bambino cresciuto nel capoluogo campano non ha a disposizione la stessa offerta educativa, perché nel Mezzogiorno mancano infrastrutture e tempo pieno. E in Molise, nella scuola pubblica, se non paghi il "contributo volontario", l'alunno è "escluso da uscite didattiche e viaggi di istruzione" (per i quali si paga). 

Nel nostro Paese ci sono due bambini, nati lo stesso anno. Una si chiama Marianna e vive a Firenze, l'altro Ciro e vive a Napoli. Hanno entrambi dieci anni e frequentano la quinta elementare in una scuola della loro città". Ma mentre la bambina toscana, secondo i dati Svimez, ha avuto garantite dallo stato 1226 ore di formazione, il bambino cresciuto a Napoli non ha avuto a disposizione la stessa offerta educativa, perché nel Mezzogiorno mancano infrastrutture e tempo pieno.

Secondo la Svimez, infatti, un bambino di Napoli, o che vive nel Mezzogiorno, frequenta la scuola primaria per una media annua di 200 ore in meno rispetto al suo coetaneo che cresce nel Centro-nord che coincide di fatto con un anno di scuola persa per il bambino del Sud. È questa la fotografia emersa in occasione dell'incontro a Napoli dal titolo "Un Paese, due scuole", promosso da Svimez e L'Altra Napoli onlus, presso La casa di Vetro di Forcella, in cui ci si è confrontati sui divari di cittadinanza, tra istituzioni, esperti della scuola, della cultura e del terzo settore.

I divari nelle infrastrutture scolastiche e nell'offerta di tempo pieno

Come evidenzia l'ultimo "Rapporto Svimez" i servizi socio-educativi per l'infanzia sono caratterizzati dall'estrema frammentarietà dell'offerta e da profondi divari territoriali nella dotazione di strutture e nella spesa pubblica corrente delle amministrazioni locali.

Secondo i dati Svimez, nel Mezzogiorno, circa 650 mila alunni delle scuole primarie statali (79% del totale) non beneficiano di alcun servizio mensa. In Campania se ne contano 200 mila (87%), in Sicilia 184 mila (88%), in Puglia 100 mila (65%), in Calabria 60 mila (80%). Nel Centro-Nord, gli studenti senza mensa sono 700 mila, il 46% del totale.

I dati

- Alunni della scuola primaria senza servizio mensa (valori assoluti e %) - Anno scolastico 2020-2021

Fonte dati: elaborazioni SVIMEZ su dati Ministero dell'Istruzione. 2022

- Alunni con tempo pieno, primaria (valori assoluti e %) - Anno scolastico 2020-2021

Fonte dati: Elaborazioni SVIMEZ su dati Ministero dell'Istruzione. 2022

Per effetto delle carenze infrastrutturali, solo il 18% degli alunni del Mezzogiorno accede al tempo pieno a scuola, rispetto al 48% del Centro-Nord. Gli allievi della scuola primaria nel Mezzogiorno frequentano mediamente 4 ore di scuola in meno a settimana rispetto a quelli del Centro-Nord.

Il problema della dotazione delle palestre nelle scuole

Circa 550 mila allievi delle scuole primarie del Mezzogiorno (66% del totale) non frequentano, inoltre, scuole dotate di una palestra. Solo la Puglia presenta una buona dotazione di palestre, mentre registrano un netto ritardo la Campania (170 mila allievi privi del servizio, 73% del totale), la Sicilia (170 mila, 81%), la Calabria (65 mila, 83%).

Questi divari nelle infrastrutture scolastiche frenano anche la diffusione della pratica fisica e sportiva - rileva la Svimez - con conseguenze negative per la salute, la spesa pubblica e lo stile di vita della popolazione, con particolare riferimento ai minori. Nel meridione quasi un minore su tre nella fascia tra i 6 e i 17 anni, infatti, è in sovrappeso, rispetto ad un ragazzo su cinque nel Centro Nord. Nel Centro Nord il 42% della popolazione adulta pratica sport regolarmente e il 26,8% saltuariamente. Nel Mezzogiorno invece le percentuali si invertono: la maggioranza pratica sport saltuariamente (33,2%) mentre la minoranza lo pratica abitualmente (27,2%). Il divario si riflette sulla percentuale di sedentari, con particolare riferimento per i minori: 15% nel Centro Nord e 22% nel Centro Sud. Ma ancor più allarmante è il dato sulle aspettative di vita: nel Mezzogiorno sono inferiori di tre anni rispetto a quelle degli adulti centro-settentrionali.

L'indebolimento delle politiche per la scuola e la cristallizzazione del divario Nord/Sud

La Svimez ha analizzato la dinamica dell'intensità dell'intervento pubblico nell'istruzione - dalla scuola all'università - sulla base dei dati di spesa pubblica di fonte Conti Pubblici Territoriali. Dallo studio risulta un progressivo disinvestimento dalla filiera dell'istruzione che ha interessato soprattutto le regioni del Sud. Tra il 2008 e il 2020, la spesa complessiva in termini reali si è ridotta del 19,5% al Sud, oltre 8 punti percentuali in più del Centro-Nord. Ancora più marcato il differenziale a svantaggio del Sud nel calo della spesa per investimenti, calati di quasi un terzo contro "solo" il 23% nel resto del Paese.

Per l'ultimo anno per il quale sono disponibili i dati risulta un differenziale di spesa pubblica pro capite nell'intero comparto Istruzione, comprensivo dell'istruzione terziaria, favorevole al Mezzogiorno di circa 90 euro, ma il dato non fornisce una fotografia reale dell'effettivo impegno pubblico per l'istruzione. Più significativo è il rapporto tra spesa e studenti, dal quale risulta uno scarto sfavorevole al Sud, dove la spesa per studente è di circa 100 euro annui inferiore rispetto al resto del Paese (5.080 euro per studente contro 5.185). Lo scarto aumenta se si considera il solo comparto della scuola, con una spesa per studente di 6.025 euro al Sud contro un valore di 6.395 nel Centro-Nord. Lo scarto è ancora più significativo se si guarda alla sola spesa per investimenti: 34,6 contro 51 euro per studente.

250mila studenti in meno in 5 anni nel Mezzogiorno

L'indebolimento dell'azione pubblica nella filiera dell'istruzione - spiega la Svimez - incrocia un trend demografico avverso, un fenomeno che causa la riduzione degli studenti. La debolezza dell'offerta scolastica e, più in generale, la limitata qualità dei servizi pubblici alimenta il processo di denatalità e i flussi di migrazione giovanile che, a loro volta, comprimono il numero di alunni, con il conseguente adeguamento al ribasso dell'"offerta" di istruzione. Tra il 2015 e il 2020 il numero di studenti del Mezzogiorno (dalla materna alle superiori) si è ridotto di quasi 250.000 unità (- 75.000 nel Centro-Nord).

Secondo il direttore della Svimez Luca Bianchi, "per contrastare queste dinamiche occorre invertire il trend di spesa e rafforzare le finalità di coesione delle politiche pubbliche nazionali in tema di istruzione. Il PNRR è l'occasione per colmare i divari infrastrutturali, tuttavia l'allocazione delle risorse deve essere resa più coerente con l'analisi dei fabbisogni di investimento, superando i vincoli di capacità ammnistrativa. La priorità oggi è rafforzare il sistema di istruzione soprattutto nelle aree più marginali, sia del Sud che del Nord. Garantendo asili nido, tempo pieno, palestre, rafforzando l'offerta formativa dove più alto è il rischio di abbandono. Il quadro che emerge dai dati, e che rischia di rafforzarsi ancor più se passano le proposte di 'autonomia, è quello di adattare l'intensità dell'azione pubblica alla ricchezza dei territori, con maggiori investimenti e stipendi nelle aree che se li possono permettere, pregiudicando proprio la funzione principale della scuola che è quella di "fare uguaglianza"".

Per il vicepresidente della Onlus L'Altra Napoli Antonio Lucidi, intervenuto nel corso della tavola rotonda a Forcella, "si parla di 'due scuole' perché il sistema scolastico nel Sud, rispetto al resto d'Italia, è carente sotto il profilo delle strutture, della capacità di attrarre i giovani, perché ha maglie larghe e troppo spesso non riesce a contrastarne l'abbandono degli studi, ed ancora perché la scuola non riesce a trovare sbocchi, una volta terminati i percorsi, nel mercato del lavoro".

E in Molise se non paghi il "contributo volontario" sei escluso

Blaise Pascal avrebbe detto che fossimo capaci di intenderci sul significato delle parole che utilizziamo, eviteremmo tante discussioni. Ed in effetti, in qualche scuola (anche blasonata) del Molise se non paghi "il contributo volontario" l'alunno è "escluso dalle uscite didattiche e dai viaggi di istruzione", che pure costituiscono una spesa importante nei bilanci familiari.

Bisognerebbe nel merito intendersi sul significato di "contributo volontario", che a quanto pare così volontario poi non è, su quello di "scuola dell'obbligo" e probabilmente anche su quello di pari opportunità, laddove ad ogni alunno che possa o non possa permettersi il "contributo volontario" vanno garantiti gli stessi diritti.

Al di là del quadro desolante per la nostra regione che si evince chiaramente dai due grafici sopra riportati, che evidenziano percentuali disastrose in fatto di servizi resi, abbiamo avuto modo di trovarci di fronte a lettere che da Segreterie di Istituti blasonati della regione raggiungono le famiglie inadempienti rispetto al versamento del "contributo volontario" in cui a chiare lettere si dice che "coloro che non provvedono non potranno partecipare a uscite didattiche e viaggi d'istruzione". Il costo del "contributo volontario" è di € 55,00... e se come nel nostro caso, i figli sono 3, diventano € 165,00 e se poi magari la madre è sola e lavora a stento... qualcuno ci spieghi il significato di "scuola pubblica, dell'obbligo" e quello di "pari opportunità".

Ma non basta... in qualche caso, ad esempio, qualche illuminato supplente annuale ha deciso che le sue dispense sono migliori rispetto al libro di testo adottato. Per cui il libro di testo, con buona pace di mamma e papà che hanno speso 46€ per comprarlo sta bene sullo scaffale senza mai essere aperto, e il figlio o la figlia per studiare dovranno scaricare da classroom le dispense del docente illuminato e stamparle con un aggravio di costi, e siccome non sempre in casa tutti hanno una stampante e non tutti ce l'hanno funzionante... il disagio in alcuni casi si raddoppia, in altri addirittura è triplicato.

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