Veglia di Pentecoste ad Ancona: il soffio dello Spirito che unisce e genera pace

08.06.2025

di Paolo Scarabeo

ANCONA – Una Cattedrale gremita, silenziosa e partecipe ha accolto nella serata di ieri la Veglia di Pentecoste nella splendida cornice della Basilica di San Ciriaco, cuore spirituale della città e della Diocesi. Un'assemblea composita, fatta di volti diversi ma uniti, di storie che parlano al cuore e al Vangelo vissuto. La serata di preghiera, promossa da Associazioni e Movimenti ecclesiali della Diocesi di Ancona-Osimo, è stata presieduta da Sua Eccellenza Rev.ma Mons. Angelo Spina, Arcivescovo metropolita. Un momento ecclesiale alto, ma profondamente radicato nella terra degli uomini.

Il filo rosso della Veglia è stato uno: la concretezza dello Spirito, che non è né evanescente né astratto, ma si fa carne nelle vite spezzate che si rialzano, nei sogni realizzati contro ogni probabilità, nei passi di chi si mette accanto a chi resta indietro. La pace, la fraternità, l'accoglienza, la giustizia sociale: parole forti, ma qui diventate testimonianze vere.

A scaldare l'assemblea non sono stati solo i canti e i silenzi carichi di attesa, ma le voci vive di chi l'amore lo incarna: come Andrea, il volontario che da vent'anni opera nel carcere, portando sollievo, umanità e speranza tra le mura più dure; o la madre di Riccardo Maria, giovane con abilità diverse che lavora con passione e dignità nel biscottificio "Frolla" di Osimo, insieme a una trentina di altri ragazzi speciali: "Non un progetto di assistenza, ma un sogno che sa di farina e futuro", ha raccontato, tra emozione e gratitudine.

E poi, la storia di Mohieldin un giovane del Sudan, giunto ad Ancona grazie a quel piccolo seme di speranza che è il "corridoio universitario", che ha parlato con voce incerta e occhi lucidi del suo percorso: da una vita che sembrava normale, all'improvvisa perdita di tutto, dalla speranza che sembrava impossibile, all'iscrizione all'università, alla nuova vita da costruire. In quelle parole, il soffio di Pentecoste era già presenza concreta.

Nell'omelia, Mons. Spina ha tessuto parole forti e profetiche, tracciando la mappa di un cammino che la Chiesa è chiamata a compiere oggi, nel tempo del disorientamento e della guerra. "La pace – ha detto – non è un sogno lontano, ma un dovere quotidiano. Tornerà solo se impariamo a camminare insieme. Non una unità di facciata, ma una sostanziale comunione tra i popoli, tra le Chiese, tra le persone". E ha rilanciato le parole di Papa Francesco: "Il primo segno di speranza si traduca in pace nel mondo, un mondo lacerato dalla guerra. Il Giubileo deve ricordare a me e a voi, come a tutti, di essere operatori di pace".

Centrale, nella riflessione del Vescovo, il ruolo dello Spirito Santo. "È Lui che all'inizio aleggiava sul caos – ha ricordato – e che oggi continua a generare ordine, armonia, fraternità". Con un'espressione densa, ha detto: "Lo Spirito è l'Amore che unisce l'Amato e l'Amante e ci fa essere un solo corpo, popolo di Dio in cammino".

Non una "veglia delle Associazioni", ha ribadito Mons. Spina, ma la preghiera corale della Chiesa locale che si affida al Padre per chiedere unità e pace. "Pentecoste – ha concluso – non è solo la nascita della Chiesa, ma anche una nuova creazione. Dove c'è Spirito, c'è vita. Dove c'è vita, lì fiorisce la speranza".

Quello che si è vissuto ieri sera non è stato semplicemente un evento liturgico, ma un atto ecclesiale profondo. Una Chiesa che non parla solo "di" Spirito, ma lo lascia agire. Una Chiesa che non organizza, ma accoglie. Che non divide tra movimenti e istituzioni, ma che si riconosce "un solo corpo".

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