Venafro celebra il 15 marzo, una pagina da leggere e imparare

15.03.2024

di Egidio Cappello

La Comunità di Venafro ricorda il 15 marzo del 1944 con una tensione psicologica particolare. È un ricordo di distruzione, di case abbattute, di persone uccise, di gridi disorientanti e di condizioni di angoscia. I nonni che hanno vissuto l'evento riescono ancora ad emozionare con il loro racconto ricco di particolari e di giuste valutazioni. Oggi, dopo 80 anni, le immagini dell'evento si ripresentano strazianti, ancora più strazianti, in quanto idealmente includono la crudezza del conflitto dei nostri giorni. Il ricordo si fa quindi pagina di storia presente, di storia viva e di conseguenza si fa pagina dell'intera storia umana. Il ricordo impone riflessione e discernimento, libertà e coraggio, in un quadro generale di ansia, di speranza e di difesa dei principi fondamentali del vivere civile. 

Mi sovviene la concezione ciceroniana della storia come maestra di vita e mi chiedo il perché e il come tanti personaggi con responsabilità sociali non abbiano imparato abbastanza o non intendano fare uso degli insegnamenti del proprio passato. Eppure gli stessi vivono l'esperienza degradante della totale ignoranza del futuro che è ridotto praticamente a sogni evanescenti affidati al caso. Non posso non sottolineare la bruttezza della guerra e di contro la bellezza della pace e dell'armonia tra i popoli. La guerra è brutta ad iniziare dai suoi fondamenti ideologici o politici, è brutta nel suo cammino, fatto di sangue e di cose turpi, di sofferenze e di ferite sanguinanti, è brutta nella risoluzione finale che i belligeranti si ostinano a pensare risolutiva degli orrori commessi, è brutta nei ricordi, è brutta nelle sintesi degli atti educativi. Gli ideali della guerra si fondano per lo più su percorsi di potere irrispettosi del cammino umano di ogni popolo. Il raggiungimento degli stessi rallenta e oscura processi di crescita e di aumento delle potenzialità e delle risorse di ciascuno. 

La guerra frena, oscura, abbatte, nientifica. È quanto ci insegna la storia dei popoli dalle origini. La guerra dà vita al male, lo alimenta e gli dà forza e pensare che sia propedeutica alla pace, è uno schiaffo alla ragione e alla dignità dell'uomo. La guerra è estranea alla natura umana, che è laboratorio di vita e non di morte, è estranea alle leggi della ragione, che è laboratorio di unità e di composizione dei pensieri e non di separazione e di ostilità, è estranea a chi è libero ed utilizza nella giusta modalità le proprie risorse razionali ed affettive. Come invece è bella la pace. Come è bello l'ambiente che vive dell'armonia delle sue parti, come è bello il creato che esprime il volto del suo creatore, come sono belle le città che parlano di accoglienza, di giustizia, di fraternità e di amore, come sono belle le comunità, le grandi comunità e le piccole comunità come le famiglie, quando si reggono su una trama intoccabile di rapporti solidi, fatti di rispetto e di benevola apertura agli altri, come sono belle le categorie sociali quando il lavoro è fonte di giustizia e di ricchezza per tutti e quando le relazioni sono forti e cariche di autorevolezza, come è bello il volto delle mamme, il volto degli adolescenti, il volto degli anziani quando il futuro si presenta privo di spauracchi ed è lieve ogni approccio ad esso. Come è bella una classe politica, che costruisce il bene senza lasciare ai margini del consesso sociale nemmeno una persona. 

Come è bella una economia che sia la forza della casa comune e guidi tutti i membri della società nell'armonia e nell'accordo. Come è bella la classe intellettuale che promuova una cultura dell'unità e della composizione e lavori alla formazione delle giovani generazioni puntando alle grandi idealità della giustizia e della solidarietà universale. Come è bella la serenità dello spirito quando tutto converge al bene e allo sviluppo dell'umanità. Come è bello il sorriso dei bambini che manifestano le grandi idealità dell'uomo e danno gioia. Non posso non chiedermi come l'uomo possa scegliere, oggi, le tenebre alla luce, la bruttezza alla bellezza, la morte alla vita, il vuoto alla totalità dell'Essere. La scelta della voragine è terribile: crea in tutti una estenuante giornaliera attesa di dati. Questa attesa è parte integrante della terza guerra mondiale, e riguarda tutti. Sembra che il mondo interiore dell'uomo contemporaneo si restringa a poche fondamentali idee; tutto l'altro è come scomparso, è vuoto e insignificante. L'evento accompagna le nostre giornate e si fa vivo in ogni nostro discorso, dipinge le nostre letture, le nostre valutazioni, i nostri propositi e le nostre scelte di vita: sembra che rubi e ci privi della nostra facoltà di pensare. 

Le nubi che si addensano nei nostri cieli sono ancor più offuscate dalle immagini di un pianeta in agonia, di un pianete perdente. È una conoscenza di cui oggi prendiamo assoluta consapevolezza. L'uomo del consumismo sfrenato è riuscito a imbrattare il volto del pianeta in maniera forse irrecuperabile, uccidendo la vita nei modi più cruenti. La lotta eterna tra il bene e il male segna punti di vantaggio per la squadra del male. Cosa fare? Vorrei tanto che anche dalle terre venafrane, durante l'odierna riflessione, si levasse, da parte dei giovani in modo particolare, la piena convinzione di adesione ad ogni percorso di pace, idoneo a liberare se stessi e l'umanità tutta da progetti tenebrosi finalizzati ad oscurare la civiltà della luce così bene costruita nei secoli scorsi. 

È tempo di raccogliere tutte le proprie risorse, è tempo del coraggio, è tempo di pensare, di organizzare, di progettare e ripartire fidando del poco che si ha. È tempo di interpretare la storia in modo nuovo, rubando alle tenebre tutte le schegge di luce presenti nella storia passata e contemporanea e camminare lungo il viottolo che porta alla vita. Occorre insistere su un fondamento certo che renda sicuro il percorso da effettuare: il fondamento è dato dalla certezza che Dio è presente ed è protagonista della storia dell'umanità. Dio partecipa alle sofferenze umane e dona tutti gli strumenti perché le tenebre, le sofferenze e i problemi siano letti, affrontati e superati con esito glorioso. Credere nella autentica incarnazione di Dio vuol dire leggere la storia con l'uso di categorie proprie della divinità. L'ottica di Dio nasce dall'uso delle grandi virtù della ragione umana, la fede, la speranza, l'amore per l'umanità. Attraverso queste virtù si colgono le reali qualità della storia umana, la tendenza al bene, il bisogno di relazione e di unità, l'amore per la vita, il desiderio di essere protagonisti di grandi percorsi storici. Guardare e leggere gli avvenimenti con l'ottica di Dio non è cosa facile, specialmente per coloro che chiudono la mente nel recinto della fisicità e della sensorialità e si legano ai valori dell'effimero temporale e spaziale. Pensare secondo Dio è comunque possibile a tutti, se si pongono la libertà e la dignità dell'uomo a fondamento del pensare e dell'agire e se si crede che Dio, con il suo Regno, è vicino ad ognuno. 

Oggi è quanto mai importante che tutti gli adolescenti sappiano leggere il mondo con il vocabolario di Dio perché tutto sia chiaro e illuminato. Dio ci racconta la storia dei nostri anni. Ci parla di una grande rivoluzione, di una presa di coscienza universale delle situazioni in atto e di una acquisita consapevolezza del ruolo che ognuno deve assumere sugli scenari del mondo. È Lui a capo di questa rivoluzione coi suoi pensieri condivisi, coi suoi propositi sussurrati a ciascuno, con il suo passo fermo, con il suo coraggio coinvolgente, con la sua tensione propria di chi va verso la vittoria. 

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