Venafro, la Manna è tornata!
di Paolo Scarabeo
Dentro i festeggiamenti in onore de Ss. Martiri Nicandro, Marciano e Daria, da sempre vissuti con grande intensità dai venafrani, c'è un momento di particolare intimità ed è quello in cui il Guardiano del Convento e il Vescovo effettuano la "verifica della santa Manna". Un momento a cui i Venafrani sono profondamente legati, un fenomeno nel quale da sempre essi leggono la premura dei martiri per la città e la loro benevolenza nei confronti dei cittadini. Nulla di dogmatico, sia chiaro, ma un legame profondo di fede popolare che richiama ogni anno centinaia di fedeli al sarcofago della tomba del santo.
Erano ormai sette anni che il pozzetto in cui il liquido sorge, posto in prossimità e a ridosso della tomba dei martiri, nel succorpo della Basilica, era rimasto asciutto e quando dopo l'arrivo dei simulacri e la recita dei Vespri nella serata di ieri è stato dato l'annuncio del "ritorno" dalla Manna, palpabile era negli occhi dei presenti gioia frammista a commozione.
"Vi annuncio una grande gioia, dopo circa sette anni San Nicandro ci ha fatto la grazia della Santa Manna. Rendiamo grazie a Dio fonte di ogni bene"
- con queste parole il Guardiano p. Jossy Fernandes ofm capp ha reso pubblico l'avvenimento.
Ma che cosa è la santa Manna?
Di certo il fenomeno non è del tutto chiaro. Un liquido che non è propriamente acqua e che sorge in un pozzetto che non ha nessun collegamento né naturale né artificiale con alcun tipo di conduttura e che si trova a ridosso della tomba del santo, gelosamente custodito in due grate (foto in alto) dai padri cappuccini. Un liquido che quando si manifesta e in maniera sufficiente viene distribuito ai fedeli che ne fanno richiesta. Alcuni lo bevono, altri lo chiedono per gli ammalati. E a questo fenomeno, nel corso dei secoli, sono state collegate guarigioni miracolose, come testimoniato dai numerosi ex voto custoditi nella Basilica.
Della Santa Manna a Venafro si ha una antica conoscenza, tant'è che Guerrazzi nel 1884 (La battaglia di Benevento, Roma 1884, p. 773) vi costruì un episodio romanzato che attribuì all'epoca del passaggio di Carlo d'Angiò nel 1256.
Il romanziere prendeva spunto dal fatto che effettivamente Carlo d'Angiò, inseguendo Manfredi, si sia fermato a Venafro. Guerrazzi racconta che il futuro re si sarebbe recato alla basilica di S. Nicandro per assistere al miracolo della Santa Manna: Veramente quando egli lo visitò, il tempo del miracolo era scorso, nondimeno, tanto seppe il conte di Provenza pregare il legato Pignatelli e il Pignatelli i monaci, i monaci il Santo, ch'ei fu contento per quella volta di rinnovarlo fuori di stagione.
Sicuramente, comunque, in epoca ancora più antica si verificava questo fenomeno. Se ne parla in un documento richiamato da Giovanni Sannicola quando riferisce del vescovo Giovanni de Tocco: Egli dovette venire fra noi (da Amelia) nei primi giorni del 1328, giacché si trova firmato in uno strumento rogato al 16 febbraio di detto anno, strumento riassunto in pergama nel 1416, e conservato nell' archivio Capitolare. In detto strumento vi sono molte notizie su Venafro e sulla testa di S. Nicandro, della cui chiesa si ha notizia certa dal 955, e della santa manna dal 1126.
Le testimonianze affondano le radici, dunque, nella notte dei tempi e anche a noi, come a tanti venafrani, piace pensare che possa essere un segno di amore con cui i martiri ricambiano l'amore dei venafrani... che speriamo - prima dei segni - sappiano raccogliere la testimonianza di fede viva, fino al dono della vita, in Cristo.
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