Vi raccontiamo il "quarto mondo"... La storia del bimbo rom che fa arrestare la madre: «Mi picchia e non mi manda a scuola»

02.09.2021

Il Corriere della Sera racconta una storia che supera la nostra idea di "terzo mondo". Le botte le avrebbe ricevute perché voleva andare a scuola mentre la donna lo obbligava a trascorrere le giornate rovistando tra i cassonetti. Si indaga anche per abusi sessuali

Cesare (lo chiamiamo così) è un bambino di 11 anni, appartenente a un campo rom di Roma. Si è presentato alla caserma dei carabinieri di San Basilio per denunciare sua madre, che lo avrebbe picchiato per anni. Le botte le avrebbe ricevute perché voleva andare a scuola mentre la donna lo obbligava a trascorrere le giornate rovistando tra i cassonetti. La madre del bimbo, 37 anni, è stata arrestata per maltrattamenti e lesioni aggravate su minori. L'11enne ora si trova in una comunità protetta. Ma, scrive oggi il Corriere della Sera, le indagini non sono ancora concluse perché ai pestaggi avrebbe partecipato anche il fratello maggiore mentre alla madre potrebbe essere contestato il reato di aver impedito al ragazzo di andare a scuola. Il quotidiano aggiunge che il padre del ragazzino è in carcere a Velletri, mentre un amico di famiglia chiamato "zio Rocco" sarebbe sotto indagine per i suoi rapporti con il minorenne visto che frequentava la sua abitazione a San Basilio

Si indaga per abusi sessuali di cui la madre avrebbe beneficiato economicamente. La donna, secondo il gip Paolo Andrea Taviano, che ne ha disposto l'arresto all'inizio di agosto, avrebbe in ogni caso dimostrato «un'indole violenta e incline a delinquere». Sentito in audizione protetta, con la presenza di una psicologa, l'11enne ha raccontato di essere stato picchiato in una circostanza anche perché aveva cercato di salvare dalle botte il fratellino di due anni, colpito dalla madre solo perché aveva rotto un piatto. 

Sono storie di degrado, storie da "QUARTO MONDO", che aprono ferite profonde e che dovrebbero indurci a riflettere sulla assoluta necessità di un'azione diretta e profonda di inserimento sociale, di una politica inclusiva che superi i luoghi comuni razzisti e partitici e apra alla considerazione dell'uomo e della sua dignità. Non basta e non è accettabile continuare ad affrontare il problema con slogan e frasi fatte che "parlano alla pancia" di chi, magari perché in condizioni di necessità, annuisce: "devono andare via", "sono delinquenti", "hanno un'altra cultura che non si può cambiare"... "ci sono tanti italiani in difficoltà"... etc. etc.. semplicemente sono uomini e donne che come tali vanno aiutati a dare alla vita il giusto peso e la giusta misura.

Nessuno cancellerà mai dal cuore e dai ricordi del piccolo Cesare, le scene di violenza di cui oggi è purtroppo vittima... oggi è ospite di una struttura protetta, ma domani? Se non si lavorerà al suo recupero e alla sua integrazione, che uomo sarà domani Cesare? 

Sono domande a cui la politica dovrebbe seriamente e concretamente dare risposte! Non basta smantellare campi... bisogna iniziare a costruire civiltà. 

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